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superbamente ornata di gemme e drappi d’oro, con smaniglie di grosse perle, e’ l crine innanellato, bella come il sole apparve. Ivi fumavano già sovra gli altari le svenate vittime, ed i sacerdoti in bianche vesti le fibre ad esaminare si facevano, e la solenne festa per compiere non rimaneva che la Damigella il solito liquore alla Sposa ne porgesse, secondo la greca usanza. Perché quella di presente trattasi d’innante ad essa, glielo porse, la quale in mano la tazza prendendo della da lei già preparata venenosissima bevanda, arditamente un sorso ne bevve, e poscia, a Sinorige porta, e’ pure tutto il restante tranquillamente si bevve, che non sapea il misero che tal liquore atto era di cacciarlo tra que’ più. Come vide Camma pertanto che Sinorige il rio veneno avea nel petto, tutta giuliva in tali accenti, rivolta a que’ simulacri proruppe:

«Voi, o Santi Dei di mia innocenza custodi, che ora l’onta dell’estinto mio Sinatto appiè de’ vostri venerandi Altari vendicata per me mirate, a Voi la rea alma dell’uccisore vi sagrifico. Deh, fate almeno che pria ch’io in pace vinta da mortal sonno quest’occhi alla luce chiuda, vegga l’inimico di mia onestade estinto, che poscia anch’io contenta indi da questo fral mi scioglierò. Ma tu, perfido Tiranno, anzi che di letto nuziale le regie stanze apparar ti faccia, fa sì che la tomba ti si scavi, ben tosto a star coll’altre

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