Pagina:Saibante - Le prose di Bianca Laura Saibante Vannetti.pdf/53

Da Wikisource.

47


deggiata, ed io gliela meno buona. Ma io m’avveggo ch’io dico troppo lungo, ed ho imparato da que’ che sanno che non è sì bella canzone che non incresca1; perciò a questa mia senza capo farò che supplisca una lunga coda che, mercè di una novelletta, or’ ora alla mente venutami, senza nastro io le appicco.

Novella.


Guari anni non sono passati che in una di quelle Città della Germania, ove le più fisicose cirimonie colle Donne religiosissimamente si costuma osservare che rispetto non hassi pe’ Santuari, vivea una Gentildonna nomata Sofia, ricca ed accostumata di molto; ma bene avanti negli anni, come la rugosa fronte e le scarse chiome coperte di neve abbondevolmente la dimostravano. La quale, conciossiaché vedova per tempissimo e senza figliuoli rimasta fosse, e dal marito, dell’amore di cui sempre bene fu, d’ogni sua facoltà lasciata erede veggendosi, spesse fiate attendeva di darsi buon tempo grande, e lieta vita menando, ora nella propria casa Gentildonne e Cavalieri accogliendo, e quando con iscambievole amistade queste nelle case loro visitando seco si tratteneva a giuoco, che per essa era il maggior divertimento che idear si sapesse; imperciocché avv[e]niva il più delle volte che dalla buona fortuna molto favorita era.

Accadde pertanto che, tenendo Sofia un giorno l’invito d’una sua

Parente