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capitolo xv. - la spedizione polare 145


— Se non troveremo un passaggio, li aggireremo.

— Allungheremo il viaggio considerevolmente.

— Vi ho detto che porteremo con noi dei viveri per quaranta giorni.

— Sperate d’incontrare la spedizione inglese al polo?

— Dubito molto che Linderman possa trovare un passaggio sulla Terra Alessandra. Io sono convinto che le terre australi formino un vero continente e non siano un aggregamento d’isole, quindi una nave non potrà mai giungere al polo.

— Che tenti di giungervi a piedi?

— Lo tenterà, ne sono certo, ma sarà costretto a ritornare. Un equipaggio, per quanto robusto ed agguerrito, non può percorrere millecinquecento miglia a piedi sui ghiacci e carico dei viveri necessari per parecchi mesi. Tutte le spedizioni tentate nei mari artici, anche coll’aiuto delle slitte tirate dai cani, hanno dato risultati negativi, anzi disastrosi. Ritorniamo, amici: scenderemo per quei burroni che mettono alla costa e andremo a fare quattro fucilate contro gli uccelli marini.

— Li preparerò per la cena, disse Bisby.

— Ci preparerete un arrosto un po’ duro, signor cuoco.

Lasciarono la vetta e si misero a scendere attraverso ai burroni, scivolando sul ghiaccio che copriva le rocce. In meno di mezz’ora giungevano sulla costa, in fondo ad una specie di canale o fiord che dir si voglia, e che si trovava ad un miglio dalla capanna.

I ghiacci coprivano l’acqua, ma, quantunque avessero uno spessore enorme, erano in moto a causa del calore solare che cominciava a scioglierli. Tuonavano come se sotto di loro scoppiassero delle mine, si aprivano qua e là, lasciando il passo all’acqua marina che schizzava fuori gorgogliando, correndo in vere ondate pei pendii,