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capitolo xviii. - lo sgelamento 173


carne è oleosa e rancida, cibandosi esclusivamente di pesci.

Wilkye non potè frenare la sua sorpresa, nel vedere in quel luogo degli uccelli, che quasi mai si scostano dal mare.

— Che un altro canale si spinga in queste vicinanze? si chiese.

— Non si scorge in alcun luogo, disse Peruschi.

— Forse ci sarà qualche lago, disse Blunt.

— È probabile, rispose Wilkye, ma dovrebbe essere gelato. Non saprei quindi come questi uccelli possano pescare. Domani forse sapremo qualche cosa.

Anche quella seconda notte, passata in mezzo ai ghiacci del continente polare, fu tranquilla. La superficie gelata però continuò a tremare quasi senza interruzione, aprendo qua e là delle lunghissime spaccature.

Il 4 dicembre gli esploratori ripartivano, seguendo il 68° meridiano. La pianura però non consentiva a loro di procedere colla consueta rapidità, poichè il ghiaccio si era spaccato in vari luoghi sotto il calore solare, producendo delle fenditure larghe assai e profonde, che li obbligavano a fare dei lunghissimi giri.

Lo sgelo, che pochi giorni prima pareva che non dovesse cominciare che molto tardi, ora procedeva con grande rapidità. Il sole, come se avesse improvvisamente acquistato maggior calore, dardeggiava coi suoi raggi le pianure, le quali si privavano con strana celerità del loro rivestimento invernale.

Una densa nebbia, prodotta dall’umidità, ondeggiava qua e là, sciogliendosi di frequente in una vera pioggia, che inzuppava gli esploratori. Wilkye, che temeva di trovare, sotto quella crosta di ghiaccio, un terreno disuguale e poco adatto alla sua macchina, cercava di affrettare la