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34 capitolo iv.


Assordato, flagellato dalla spuma che arrivava fino a lui, scese parallelamente alla cateratta ponendo piede su di una rupe scoscesa sulla quale tenevansi ritti i suoi tre compagni.

— Bravo signor Webher, gli gridò Burthon in un orecchio.

L’ingegnere a mala pena lo udì pel muggito formidabile delle acque. Afferrò la mano del compagno e la strinse vigorosamente.

I quattro audaci uomini si cacciarono in una galleria e s’arrestarono in una piccola caverna il cui suolo era formato d’un terriccio nerissimo sparso di conchiglie bianche come la neve. Là dentro si poteva parlare liberamente.

— Tutto va bene, disse Morgan.

— Hai trovato l’apertura che mette nella grande galleria? chiese l’ingegnere.

— Seguitemi, signore.

Morgan appoggiò le mani contro un macigno, il quale scivolò in una specie d’incanalatura lasciando un’apertura circolare di quattro piedi di diametro.

— Guardate, disse, alzando la lampada.

L’ingegnere vide schiusa dinanzi a lui una galleria immensa, la cui vôlta, senza dubbio altissima, celavasi fra le tenebre. Nel mezzo, fra due rive tagliuzzate, minate, sventrate, scorreva una negra ed impetuosa fiumana dirigendosi verso il sud-ovest. Là sotto circolava un’aria fresca, umida, più compressa dell’aria esterna ma respirabile.

— È questo certamente il fiume accennato dal documento, disse l’ingegnere.

— Si vede nessuno? chiese O’Connor con inquietudine.

— Chi vuoi che ci sia? domandò Burthon.