Pagina:Salgari - Duemila leghe sotto l'America - Vol. I.djvu/87

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il vortice 85


— No, sono pesci, Burthon.

Sei o sette di quegli strani volatili, si trovavano nelle acque del battello e divertivansi a sorpassarlo, ma ad una altezza tale da non poterli distinguere.

Uno di essi però, sia che gli fossero mancate improvvisamente le forze o che avesse preso lo slancio troppo debole, venne a cadere ai piedi di Morgan che lestamente vi mise le mani sopra.

— È un pesce, disse porgendolo a sir John.

Infatti era un pesce lungo un piede e mezzo, fornito di due larghe pinne, delle quali senza dubbio, servivasi per innalzarsi e d’una bocca assai larga che mandava vivi bagliori.

— È un pirapedi, disse l’ingegnere.

— Un pesce-volante o meglio un pesce-rondina, aggiunse l’irlandese. È un pesce di mare eccellente, piatto favorito dei delfini e dei pescispada.

— To’! esclamò Burthon. Questo pesce non ha occhi!

— Cieco, ma non senz’occhi, disse sir John.

Se si levassero queste due piccole membrane che vedete, si troverebbero sotto gli occhi; saranno però atrofizzati in modo tale da non poter più servire.

— Ma come si dirigono senza la vista? chiese O’Connor.

— Col tatto.

— Ma nascono tutti ciechi gli abitanti delle caverne?

— Non tutti. Il proteo dei laghi sotterranei della Carniola, il siderone e il cyprinodon delle caverne del Mammouth, l’amblyopis, il tiflino ed altri nascono ciechi; qualche pesce però nasce fornito d’occhi ma a poco a poco li perde. Alcuni crostacei dell’ordine dei decapodi, per esempio,