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124 e. salgari

La Garonna virò di nuovo e tornò al vento fuggendo verso l’isola di Palavan. Le due fregate eseguirono la stessa manovra e l’inseguimento ricominciò con maggior accanimento.

Verso sera la Garonna si trovava a poche miglia dalla punta meridionale dell’isola. Il capitano Parry, invece di volgere la nave verso sud, mosse diritto verso le innumerevoli isolette che si stendono in quella direzione. I capitani delle due fregate, credendo che il pirata trovandosi alle strette, cercasse sbarcare, aggiunsero alle loro navi alcuni velacci per accelerare la corsa e giungere così in tempo per mandare a picco nave e pirati. Il capitano della Garonna aveva però tutt’altro pensiero che quello di sbarcare: egli giuocava il suo ultimo colpo.

Conosceva a perfezione l’isola di Palavan e sapeva che fra la punta estrema di questa, le scogliere, l’isolotto e l’isola di Balalah si estendeva un lungo banco di sabbia, a soli quattro metri sotto il livello d’acqua, il quale congiungeva tutte quelle isolette e quelle scogliere.

Egli prese il partito di avventare la sua nave sul banco, certo che l’avrebbe superato senza incagliarsi, mentre le due fregate, essendo la loro immersione assai maggiore, difficilmente avrebbero potuto farlo.

L’inseguimento continuò con foga senza pari; la Garonna volava verso il banco, mentre le due fregate la seguivano.

Alle nove la nave corsara non distava che trecento metri dalla secca; le due fregate ne distavano appena seicento. Il capitano Parry afferrò la ribolla del timone, avventò la sua nave verso il banco di sabbia, e lo sorpassò come un dardo. La Garonna era felicemente passata, non avendo tracciato che un leggero solco fra le sabbie.

Quasi subito a bordo della prima fregata si udirono delle urla di terrore, poi avvenne uno schianto terribile: alberi ed attrezzi eran caduti sul ponte, mentre urla di rabbia e di dolore si levavano fra l’equipaggio.

L’altra fregata aveva però avuto il tempo di virare di bordo evitando la catastrofe.

Vedendo che la Garonna era ancora a portata di cannone, le scaricò addosso tutte le artiglierie di babordo, spezzandole una parte dei pennoni e delle murate.

La nave corsara rispose tosto con una bordata non meno tremenda, poi continuò la corsa, lasciando che le due fregate si salvassero alla meno peggio.

Durante la notte i pirati si occuparono a sbarazzare il ponte dai cadaveri e dai rottami dell’alberatura, poi esaminarono i danni sofferti.

La bordata della fregata era stata disastrosa pel povero veliero del capitano Solilach. L’albero di mezzana, offeso in più parti, era