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gli scorridori del mare 125

pericolante; il cassero, le murate e il ponte di comando erano stati distrutti, il timone danneggiato da due palle minacciava di mancare da un momento all’altro, e dodici uomini mancavano all’appello.

I danni causati da quella pioggia di ferro erano così gravi, da chiedere una pronta riparazione, cosa però difficilissima, giacchè era impossibile ritirarsi in un porto fornito di cantieri. Il capitano e il secondo si trovavano imbarazzati.

— Per mille tuoni! — esclamò Parry. — Ove dirigerci ora? Su quale porto appoggiare?

— Non pensate ai porti, — disse il secondo. — Ci sarebbe troppo pericolo a cercare rifugio in qualche città marittima, dopo l’inseguimento delle due fregate.

— Lo so, ma dove trovare un luogo abbondante di legname, che sia deserto e sicuro.

— E bisogna trovarlo anche subito, capitano Parry, poichè il timone può mancare da un istante all’altro e non ne abbiamo un altro per surrogarlo. E poi, pensate cosa accadrebbe della Garonna, se una burrasca ci cogliesse.

— Sarebbe perduta. Ah!... So dove recarci per avere legname in abbondanza.

— Siamo lontani da quella terra?

— Non molto.

— Per dove faremo rotta adunque?

— Per l’isola di Borneo.

— La scelta è buona, capitano. Borneo è un’isola in gran parte deserta, ricca di foreste superbe che possono dare eccellenti legnami da costruzione e poi le coste settentrionali non sono lontane.

Pochi minuti dopo la Garonna virava di bordo dirigendosi verso quell’isola, della quale si cominciava già a intravedere il gigantesco Kini-Belu, un altissimo monte, la cui vetta è quasi sempre coperta di nubi. La nave che filava a non più di tre nodi all’ora non distava dall’isola più di quaranta miglia ed i pirati già contavano di giungervi felicemente, quando le nubi che nascondevano il picco di Kini-Belu cominciarono a coprire il cielo, mentre il vento quasi di colpo raddoppiava di violenza facendo diventare il mare gonfio.

La Garonna, vivamente sbattuta e inondata da tutte le parti a causa delle sue murate infrante, penava a tener la buona direzione, mentre il timone, da un momento all’altro minacciava di spezzarsi.

Pure durante l’intera notte tenne abbastanza bene il mare, però verso il mattino, quando non distava dall’isola più di quindici miglia, si udì ad un tratto la voce del timoniere gridare:

— Capitano, il timone è scomparso!

A quel grido, tutto l’equipaggio si precipitò a poppa per accertarsi coi propri occhi della grave disgrazia. La rottura del timone è