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i drammi della schiavitù 121


XVI.


Odio ed amore.


La Guadiana era colata a picco a circa seicento miglia dalle coste della Guinea inferiore ed a circa quattrocento dalla Costa d’Oro o degli Schiavi, distanza assai breve per una nave che poteva attraversarla in qualche settimana, ma immensa per una zattera, che è la più lenta e la meno manovrabile di tutti i galleggianti.

È bensì vero che le zattere sono infinitamente più sicure delle baleniere, delle scialuppe, e delle lance, che una ondata può rovesciare, poichè resistono perfettamente anche con mare grosso, e anche sfasciandosi possono sempre offrire ai naufraghi dei sostegni, ma per la loro forma, per la loro pesantezza, per la loro velatura che è sempre imperfetta e per la loro direzione che è sempre incerta, procedono a stento ed è molto se riescono a percorrere quaranta o cinquanta miglia al giorno, con vento favorevolissimo.

La situazione adunque dei naufraghi della Guadiana non era invidiabile, specialmente trovandosi in quell’oceano battuto dai venti alisei, che spingono le navi verso occidente e dalla corrente equatoriale, che risale verso il golfo del Messico, anzichè avvicinarsi alle coste d’Africa. Potevano inoltre sopraggiungere le grandi calme equatoriali ed immobilizzare la zattera per delle intere settimane, sotto un sole fiammeggiante, sotto una vera pioggia di fuoco.

Dopo breve consiglio, l’equipaggio decise adunque di tentare di raggiungere le coste del continente che erano le più vicine o quelle degli Schiavi se il vento soffiava dal sud o quelle di Loango, se soffiava dall’ovest e di mettere a razione tutti, per non consumare troppo presto i viveri, che non dovevano abbondare.

Fu fatto l’appello e si constatò che mancavano nove uomini compreso mastro Hurtado. Erano quindi in ventisei, calcolando Niombo e Seghira.

Si fece tosto l’inventario dei viveri. Un gran numero di casse e di barili erano stati gettati sulla zattera dagli uomini incaricati dell’approvvigionamento, ma nella confusione avevano imbarcato gran numero di oggetti inutili.