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172 emilio salgari


i possenti colpi di coda dello squalo, il quale si era affrettato a prendere il largo.

– Tenete fermo! – gridò Kardec. – Il pescecane è nostro!

Il mostro si era allora inabissato, ma tutti avevano potuto vedere in qual modo si era lasciato prendere. Vedendo un ancorotto pendere in acqua, sul tribordo della zattera, l’aveva scambiato per qualche oggetto mangiabile ed in un solo boccone l’aveva inghiottito.

Essendo però la fune legata attorno ad un travicello, con una violenta strappata l’aveva staccata ed aveva cercato di allontanarsi, ma Vasco era riuscito ad impadronirsi dell’estremità prima che questa sparisse sotto le onde, avvolgendola attorno al timone.

I marinai, dimenticati i loro odi, si precipitarono come un sol uomo sulla fune, che Kardec ed i suoi trattenevano, facendo sforzi disperati per non farsi trascinare nell’Oceano e le impressero una scossa potente per far entrare nelle carni dello squalo le punte dell’ancorotto.

– Tenete fermo! – ripetè Kardec. – Se lo prendiamo, avrete tanta carne da sfamarvi per quattro settimane.

– Purchè non tagli la fune – disse Vasco.

– Lo uccideremo a colpi di fucile appena si mostra.

– Eccolo! – gridarono i marinai.

– Preparate le armi voi! – gridò Kardec.

Lo squalo stava per riapparire. Sentendosi lacerare lo stomaco ed il palato dalle punte di quell’enorme amo, saliva alla superficie pronto a lottare contro i pescatori ed a disputare a colpi di coda la vittoria.

Si vide l’acqua ribollire impetuosamente, poi lo si vide balzare fuori, innalzandosi, con uno slancio irresistibile, per parecchi metri sulla superficie dell’Oceano. Si dibattè un istante in aria, agitando pazzamente le pinne pettorali e caudali, poi ricadde pesantemente nei flutti, sollevando una larga ondata, che s’infranse con sordo fragore contro la zattera.

– Fuoco! – comandò il tenente.

Il dottore e Vasco scaricarono le carabine, formando una sola detonazione. Lo squalo, colpito alla sommità del muso ed in fianco, fece un balzo gigantesco e tentò di chiudere la smisurata bocca per tagliare la fune, ma non vi riuscì. L’ancora gli si era infissa nel palato e nella gola impedendogli di chiudere i denti.

– È nostro! – gridarono i marinai.

– Sì, – disse Kardec, – se non riesce a spezzare le patte dell’ancorotto. Ohè! Issa!