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i drammi della schiavitù 173


A quel comando i marinai radunarono le loro forze e cominciarono a ritirare la fune. Il mostro, che quantunque doppiamente ferito conservava il suo vigore straordinario, opponeva una disperata resistenza, vibrando dei controcolpi di coda e di pinne, ma non poteva resistere a quella energica trazione.

Kardec, Vasco ed il dottore incoraggiavano i marinai, i quali facevano sforzi sovrumani per tirare a bordo la preda colossale. Gli sguardi di tutti tradivano un’ardente bramosia e le mascelle si agitavano come se già assaporassero quelle carni.

Con un’ultima strappata trascinarono lo squalo presso la zattera. Kardec armato d’una scure e Niombo munito della sua trave, lo assalirono tempestandolo di colpi, ma ad un tratto furono violentemente rovesciati assieme a tutti gli altri.

Il pescecane, quantunque perdesse sangue da più di dieci ferite, aveva spiccato un balzo innanzi ed era caduto sulla zattera, fracassando, col suo enorme peso, una parte del ponte.

– Attenti ai colpi di coda! – urlò Kardec, risollevandosi bruscamente, mentre Seghira scaricava la sua carabina.

I marinai si gettarono confusamente a destra ed a sinistra per non venire sfracellati dalla possente coda, che vibrava colpi tremendi per ogni dove.

Pareva che quello squalo avesse l’anima incavigliata e che non volesse ancora cedere. Cercava di balzare in avanti per raggiungere l’Oceano, batteva disperatamente le larghe pinne pettorali, sbarrava l’immensa bocca mostrando i suoi potenti denti mobili e triangolari, emetteva dei rauchi brontolii e saettava i nemici coi suoi piccoli occhi verdastri.

Con un colpo di coda abbattè l’albero facendo cadere la vela, con un altro spazzò via la tenda dell’equipaggio ma i marinai che non volevano perderlo, lo assalivano da tutte le parti coi fucili, colle scuri, coi ramponi, colle manovelle.

Le ferite si moltiplicavano, ma non moriva ancora. È incredibile la vitalità che hanno questi mostri; resistono a lungo alle palle, alle fiocine ed alle scuri anche quando si trovano fuori dal loro naturale elemento e lottano fino all’ultimo istante.

Finalmente, sfinito, esausto di sangue, coperto di ferite cessò d’agitarsi e si distese senza vita sul ponte della zattera, dopo d'aver vibrato, con incredibile vigore, ancora una volta la sua formidabile coda.

Un hurrà fragoroso salutò la sua morte e tutti, Kardec ed il dottore compresi, si scagliarono su quel corpo gigantesco strappando qua e là brani di carne ancor palpitante, che venivano di-