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12 capitolo primo


— Che cosa sono? — chiese il cosacco stupito. — Dei paraventi?

— Dei biglietti di visita, — rispose Fedoro, ridendo.

— Eh!... Scherzi? Questi, dei biglietti!... Buon Dio!... che portafogli usano dunque questi cinesi?

— E d’augurio anche; guarda: vi sono dipinte sugli angoli le tre principali felicità ambite dai cinesi: un erede, un impiego pubblico e lunga vita.

— Un erede!... Ma noi non siamo ammogliati, Fedoro.

— Lo diverremo forse un giorno.

— E non sogniamo pubblici impieghi, almeno io.

— Accetterai almeno l’augurio di diventare vecchio.

— Ah!... Questi cinesi!...

— Taci! Il maggiordomo torna.

— Con altri biglietti di visita, forse? Fabbricheremo dei superbi paraventi, mio caro amico.

— No, con dei regali, invece. Dopo gli auguri, i presenti: è la prima luna del nuovo anno.

— Siano benvenuti. —

Il maggiordomo, dopo d’aver bussato discretamente, era entrato assieme a due servi, i quali portavano un paniere di vimini adorno di nastri e di frange dorate.

— Il mio padrone prega di accettare questo in attesa di visitare gli ospiti, — disse.

Rokoff levò la coperta di seta che copriva il paniere, levando successivamente dei barattoli che dovevano contenere degli unguenti preziosi, delle statuette d’avorio, delle pezze di seta, poi dei recipienti d’argento di varie forme e finalmente una superba anfora d’oro, finamente cesellata ed incrostata di pietre preziose.

— Fedoro! — esclamò. — Un regalo da sovrano. È meravigliosa! Vale una fortuna!

— Che non è destinata alle nostre tasche, Rokoff. — disse Fedoro.

— Se ce la mandano in regalo!

— Ma essendo l’oggetto più prezioso, non possiamo accettarlo. —

Il cosacco lo guardò con uno stupore facile a comprendersi.

— Lo dici per ischerzo? — chiese.

— Sing-Sing si degna di trattarci da amici e come tali non dobbiamo abusare della sua generosità. Che cosa vuoi, mio