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i misteri del capitano 147


— Mi rincresce di non potervelo dire, — rispose il capitano. — Non vi avrei addormentati.

— È un segreto che noi non vogliamo conoscere, signore — disse Rokoff.

— Sì, non ne abbiamo il diritto, — aggiunse Fedoro.

— Non ci darà impaccio, — proseguì il capitano. — Attraversato il deserto ci lascerà, non avendo alcun desiderio di tornarsene in Europa. —

Lo sconosciuto ad un cenno del comandante si era fatto innanzi.

— Il signor Rokoff, tenente dei cosacchi... un brav’uomo... —

L’incognito fece un gesto come di sorpresa, poi, dopo una breve esitazione, porse la mano al cosacco, guardandolo però attentamente e corrugando impercettibilmente la fronte.

— Ben felice, — disse in cattivo russo.

Poi strinse la mano a Fedoro, limitandosi ad inchinarsi. Ciò fatto si ritrasse a poppa senza aver pronunciata nessuna altra parola, sedendosi presso il macchinista.

— Sapete dove andiamo! — chiese il capitano, che pareva premuroso di fare una diversione.

— Mi pare che lo Sparviero abbia cambiato rotta, — disse Fedoro.

— Sì, marciamo verso il sud-ovest con una velocità di quaranta miglia. Sono curioso di vedere gli altipiani del Tibet. Si dice che siano maravigliosi.

— E verrà anche quel signore? — chiese Rokoff.

— Andremo a visitare il paese dei Lama. — Continuò il capitano, fingendo di non aver udito la domanda, — una regione che ben pochi europei hanno percorsa e viaggiando sempre lontani dalle città. Farà molto freddo su quegli immensi altipiani, spazzati sempre da venti freddissimi che screpolano la pelle e che gelano le mani ed il naso come al Polo Nord...

— Avete qualche altro da raccogliere lassù? — chiese Rokoff.

— Ah! Poi andremo a visitare la gigantesca catena dell’Imalaia la più superba di tutte quelle che si ammirano nel mondo. Voi non l’avete mai veduta, signor Fedoro?

— No, mai, — rispose il russo.

— Poi...

— Signore, — disse Rokoff, — andremo anche in India?...

— Toh! Mi dimenticavo che avete fame! Trentasei ore a