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un supplizio spaventevole 301


Lo Sparviero attraversò il piccolo altipiano e scese il versante opposto, dirigendosi là dove i pellegrini e i monaci calavano.

Questi si erano subito accorti della presenza di quel mostruoso uccello che piombava dalle cime del nevoso colosso con rapidità fulminea, come se volesse schiacciarli.

Un immenso urlo di terrore si era alzato fra quelle centinaia e centinaia d’uomini, ripercuotendosi lungamente nelle vallate, poi era subentrato un profondo silenzio. Pareva che tutti, monaci e pellegrini, fossero impietriti dallo spavento. Alcuni si erano lasciati cadere al suolo, nascondendosi il viso fra le cappe villose dei loro mantelloni.

Rokoff si era curvato sulla prora del fuso, per farsi meglio vedere e agitava le braccia come se scagliasse sui suoi assassini delle maledizioni. D’un tratto si slanciò verso la macchina, afferrò una cassa di zinco ripiena d’acqua e la precipitò in mezzo alla folla terrorizzata, urlando:

— Prendete! Ecco il saluto dei Budda viventi! —

Quante persone avesse accoppate o storpiate, non lo potè sapere perchè già lo Sparviero era lontano, volando in direzione del Tengri-Nor.


CAPITOLO XXXIII.

I giganti dell’Imalaia.

Mezz’ora dopo quel miracoloso salvataggio, gli aeronauti, seduti dinanzi a una succulenta colazione, raccontavano le loro avventure che per poco non finivano così tragicamente pel russo e pel cosacco, in causa di quel disgraziato sermone o meglio di quel mezzo fiasco di sam-sciù che aveva fatto girare il capo al predicatore.

Come abbiamo veduto, la predica era terminata malamente e Rokoff aveva dovuto scappare a precipizio, per non farsi lapidare o, peggio ancora, moschettare dai pellegrini. La paura aveva fatto snebbiare il cervello del cosacco, il quale aveva finalmente compreso quale grosso pericolo si era tirato addosso coi suoi asini pascolanti nelle praterie del nirvana di Budda e i suoi episodi della guerra russo-turca.

Suo primo pensiero era stato quello di abbandonare subito il monastero assieme a Fedoro, ma il tempo gli era mancato,