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i naufragatori dell'«oregon» 149


– Fulmini di Giove!... Noi, gente di mare, siamo fatti così, signorina: le nostre braccia e la nostra borsa sono sempre a disposizione di chi ne ha bisogno. È vero, ex-marinaio?

– Sì, capitano – rispose il siciliano. – Cerchiamo di essere più onesti e più generosi degli altri.

– Una parola, signor O’Paddy – disse l’olandese.

– Parlate, signor Held.

– Credete che i pirati v’inseguano?

– Lo temo, e perciò vi consiglierei di affrettare la marcia per giungere presto a Semmeridan.

– Sapete condurci per qualche via?

– Una via qui, in mezzo a queste selve? Uhm! Bisognerà scendere al sud colle bussole in mano e aprendoci il passo colle scuri. Fortunatamente non vi sono che duecento miglia da percorrere ed in dieci giorni potremo giungere a quella città.

– Siamo pronti a seguirvi.

– Avete nulla da portare?

– Null’altro che pochi biscotti. Siamo già a corto di viveri.

– Queste foreste pullulano di selvaggina e la fame non la soffriremo. Se la signorina Amely crede e se il piccolo Dik non è stanco, rimettiamoci in marcia.

– Non sono stanco – disse Dik. – Calcolatemi come un uomo.

– Allora avanti! – disse O’Paddy. – Io ed il soldato apriremo la via.

Abbandonarono il sentiero aperto dal rinoceronte che si dirigeva verso l’est e si misero a lavorar colle scuri, per aprirsi un nuovo passaggio attraverso all’interminabile foresta.

Alle sei di sera, stanchi, trafelati, s’arrestarono sotto un colossale albero della canfora. Avevano percorso almeno sei miglia, sempre lottando contro quei vegetali che li stringevano da ogni parte e non ne potevano più.

Prima che l’oscurità fosse completa, O’Paddy si incaricò di cercare qualche cosa per la cena. Aiutato dal soldato, s’inerpicò su di un cavolo palmista e gettò a terra la cima di quell’albero. Era una gemma di dimensioni non comuni, perchè raggiungeva quasi un metro d’altezza e una grossezza non inferiore alla coscia d’un uomo.

Era coperta d’un ciuffo di foglie, ma sotto celava una specie di