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36 | capo iv. |
— Cosa vedi?...
— Guarda laggiù quella fila di cespugli.
— Li vedo, zio.
— Esisteva prima?...
— Ma... no, ne sono certo; prima io non l’ho veduta.
— Ed infatti, Cornelio, poco fa ho guardato quel tratto di terreno ed era assolutamente scoperto.
— Ma vuoi che da un istante all’altro sieno spuntati dei cespugli?... Non lo crederò mai, zio.
— Ma ti ripeto che prima il terreno era scoperto.
— Che ci sia sotto qualche diavoleria?
— O qualche mariuoleria? Cornelio mio, io non ci vedo chiaro in questa faccenda.
— E nemmeno io, zio, ma sapremo presto di cosa si tratta.
Il giovanotto, imbracciato il fucile per essere più pronto, si avanzò risolutamente verso quei venti o trenta cespugli, che formavano una fila regolarissima, a circa cinquanta metri dalle mulghe.
Cosa davvero strana: di passo in passo che si avanzava, pareva che quei cespugli pure indietreggiassero, conservando la distanza. Era una illusione ottica o quelle piante erano proprio dotate di un vero movimento?
Il giovanotto, al colmo della sorpresa, affrettò il passo, ma la distanza non scemava, anzi aumentava.
— Ma zio! esclamò. Quei cespugli fuggono!...
— Lo vedo, rispose il capitano, che lo aveva seguito e che non era meno sorpreso di lui.
— Che noi siamo vittima di qualche inesplicabile fenomeno?...
— Hai mai veduto tu delle piante a camminare?
— No zio, lo confesso.
— E nemmeno io, e non ho mai udito a raccontare che dei naturalisti abbiano trovato delle piante munite di gambe.
— E cosa vuoi concludere?
— Che noi siamo corbellati.
— In qual modo?
Il capitano stava per rispondere, quando si videro due esseri bizzarri alzarsi bruscamente a pochi passi da quei cespugli e fuggir rapidamente verso la pianura, ma con certi salti che li facevano rassomigliare a giganteschi ranocchi.