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38 | capo iv. |
— Mi ero ingannato? chiese il capitano.
— No, zio, disse Cornelio.
— Spero che questa lezione basterà per ora.
— Ma poi? Credi che ritorneranno?
— Su ciò riservo i miei dubbi. Una di queste notti li avremo tutti addosso, Cornelio, ne sono certo. Conosco gli australiani e so quanto sono cocciuti; ma ci troveranno pronti a riceverli e non ci lasceremo sorprendere. Ritorniamo, mio bravo ragazzo. Wan-Horn e Hans saranno inquieti.
Era inutile continuare l’esplorazione di quella pianura che poteva celare degli agguati. Ormai sapevano che gli australiani li avevano scoperti e ciò bastava per metterli in guardia.
Certi di non venire inseguiti, almeno pel momento, avendo gli indigeni del continente australiano l’abitudine di assalire solamente di notte, tornavano a scalare le rupi e scesero nell’accampamento.
Con loro grande sorpresa videro che ogni lavoro era ancora sospeso, quantunque il sole fosse già spuntato. I pescatori s’erano ritirati verso la scialuppa e discutevano con animazione fra di loro, ed i preparatori di trepang non avevano ancora accesi i fornelli e pareva che altercassero violentemente col vecchio marinaio, il quale, di quando in quando, lasciava andare dei sonori scapaccioni su quelle teste pelate.
— Cosa succede qui? - chiese Wan-Stael, aggrottando la fronte.
— Che i selvaggi abbiano assaltato il campo durante la nostra assenza? - chiese Cornelio.
— Non è possibile; nè io, nè tu abbiamo udito colpi di fucile.
Attraversarono rapidamente la distanza, s’accostarono ai preparatori che urlavano come ossessi contro Wan-Horn e contro Hans.
— Cosa significa questo tumulto, tuonò Wan-Stael, aprendosi il passo fra quella turba di chinesi che parevano furibondi. — Perchè non si lavora?...
— Perchè non vogliono più rimanere qui, capitano, disse Wan-Horn. Queste canaglie dicono che non vogliono