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72 capo vii.


Non voglio che i miei nipoti cadano nelle mani di quei ributtanti selvaggi.

– Signor Hans, signor Cornelio e tu, Lu-Hang – disse il marinaio rivolgendosi verso i due giovanotti ed al giovine pescatore – all’argano!...

– Salpiamo l’àncora di poppa – disse il capitano. – Il vento soffia dall’est e metteremo la prua verso l’uscita della baia.

Wan-Horn salì sul cassero per esaminare prima la posizione dell’àncora, ma ad un tratto fu veduto impallidire e fare un gesto di furore.

– Capitano! – esclamò con voce rauca.

– Cosa succede? – chiese Wan-Stael.

– La catena è spezzata e l’àncora perduta.

– Spezzata?... È impossibile!... Era solida e grossa assai.

– E quella di prua è scomparsa! – gridò Cornelio, che era salito sul castello.

Wan-Stael si slanciò verso la prua e vide infatti che anche la catena della seconda àncora era stata spezzata. Non ne rimaneva che un pezzo, il quale pendeva fuori dalla cubia di babordo, per una lunghezza di mezzo metro. L’ultimo anello era stato tagliato, a quanto pareva, a colpi di scure.

Wan-Stael s’avvicinò al giovine pescatore chinese e scuotendolo ruvidamente, gli chiese coi denti stretti:

– Canaglie, cosa avete fatto durante la nostra assenza? Non vi bastava saccheggiare la dispensa dei viveri e la mia cabina, volevate anche mandare in rovina la nave?...

– No, signore – rispose il chinese. – Nessuno di noi ha tagliato le catene, lo giuro su Buddha e su Confucio.

– Sei ben certo, Lu-Hang?

– Sì, capitano. Io mi trovava sul ponte quando i miei compatriotti ebbero la malaugurata idea di ubbriacarsi col vostro sciam-sciù e non vidi alcuno a spezzare le catene.

– Ma chi vuoi che sia stato adunque?...

– Io non lo so, signore.

Ad tratto il capitano si battè la fronte emettendo un grido.

– Wan-Horn! – esclamò.

– Signore!...

– Dov’è il selvaggio che abbiam fatto prigioniero?