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82 | capo viii. |
Alcuni, più audaci, si gettarono in acqua, mentre altri si spingevano fino sulle estreme sponde delle scogliere, ma un colpo di spingarda che fece cadere tre o quattro uomini, frenò il loro ardore.
— Passate la gomena dell’ancorotto all’argano, gridò il capitano a Wan-Horn ed al chinese. È sempre a babordo l’àncora?
— Sempre, signore, rispose il marinaio.
— Credi che terrà fermo?
— Lo spero, capitano!
— Virando all’argano, potremo dunque esercitare un poderoso sforzo sul tribordo e disincagliare il fianco di tribordo.
— Aiuteremo l’azione della marea.
In quell’istante la giunca provò una leggiera vibrazione e parve che accennasse a spostarsi. Il capitano si curvò sulla murata di tribordo e guardò, ma la marea che continuava a crescere aveva ormai coperto tutto il banco e non si poteva più vederlo.
I fremiti però continuavano e le vele, esercitando una spinta verso babordo, aiutavano potentemente l’azione della marea.
D’improvviso s’udirono sotto la carena degli scricchiolìi che crescevano d’intensità, e la giunca, che il vento spingeva in mezzo alla baia, si spostò ancora.
— Scivoliamo sul banco! gridarono Hans e Cornelio.
— Ed i selvaggi s’avanzano! gridò Wan-Horn. Eh! Lu-Hang, manda un po’ di zuccherini a quelle canaglie!...
Il chinese scaricò la spingarda, tempestando gli australiani che si erano gettati in acqua, avanzandosi sui banchi semi sommersi, per giungere a tiro colle loro lance e coi loro boomerangs.
Quasi contemporaneamente la giunca, completamente sollevata dall’alta marea, si staccava dal banco con un forte ondeggiamento.
— All’ancorotto!... gridò Wan-Stael.
Wan-Horn, Cornelio e Hans si precipitarono verso l’argano e facendo forza con tre o quattro vigorose scosse strappavano dal fondo la piccola àncora.
Wan-Stael salì sul cassero ed afferrò la ribolla del timone, mentre i suoi compagni lasciavano le scotte delle rande per