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Il tradimento. 107

— I miei uomini mi hanno detto che avevano veduti dei cannoni.

— Non so che bestie siano, — rispose il selvaggio. — Tu sai che noi non conosciamo le vostre armi.

— E gli altri dove sono ora?

— Mi aspettano sulla riva del fiumicello.

— Hai preparato tutto per sorprenderli?

— Non occorrono preparativi, — disse il selvaggio. — Basta imbarcarli e poi disarmarli a tradimento.

— Che non abbiano qualche sospetto? — chiese l’europeo.

— Non mi parve.

— Allora impadroniamoci di loro, per ora. Poi penseremo alla nave.

— A noi però i prigionieri ed il ferro che contiene la nave.

— Te l’ho promesso, — disse l’europeo, con una leggera punta d’ironia che sfuggì al selvaggio. — La tua tribù avrà gli uni e l’altro.

— Ed io metterò tutti i miei guerrieri a tua disposizione.

— Andiamo ad impadronirci dei due uomini che ti aspettano. Non vorrei avere impicci con Tafua.

— Non vedranno quel capo, — disse il selvaggio. — Ceniamo alla lesta e poi risaliremo il fiume e andremo a prenderli. So io dove condurli per impedire loro di fuggire.

— E dove? — chiese l’europeo.

— Nella caverna dei pesci-cani.

— Farai quello che vorrai, orsù, levate l’arrosto che mi sembra cotto a puntino e mangiamo alla lesta. —



CAPITOLO XV.

La fuga.


Sao-King ne sapeva abbastanza, anzi più di quanto aveva sperato; ormai aveva le prove del tradimento ordito da quei misteriosi uomini bianchi d’accordo col capo della piroga.

La miglior cosa da farsi era d’allontanarsi più che in fretta da quei luoghi e recarsi dal capo Tafua, il solo che avrebbe potuto salvare la nave.

Il chinese si ritirò prudentemente senza muovere nemmeno una foglia e raggiunse Ioao, il quale lo attendeva in preda a vivissime inquietudini.

— Hai udito la loro conversazione? — chiese il giovane.

— Tutto e per ora seguitemi senza perdere tempo; qui corriamo dei gravi pericoli.

— Dove andiamo?

— Verso il mare; metteremo fra noi e quei birbanti il fiume per ora. —