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20 Capitolo Terzo.

Il marinaio che teneva l’estremità della fune passata nel boscello e che sosteneva il morto, levò di colpo le mani.

L’appestato, abbandonato al proprio peso, piombò in acqua sollevando uno spruzzo spumeggiante. Tosto si videro i charcharias slanciarsi innanzi, scuotendo furiosamente le loro formidabili code. Le enormi mascelle si rinchiusero addosso al cadavere con rumore sinistro, mentre un largo cerchio di sangue saliva alla superficie.

— Buona digestione! — gridò un marinaio.

— E che la peste vi colga! — gridò un altro.

I pesci-cani erano già scomparsi negli abissi dell’oceano per divorarsi tranquillamente la preda.

— Ora a noi, Sao-King — disse il capitano, volgendosi verso il chinese che continuava a dibattersi all’estremità della fune.

— E se sfuggirai alla morte, dirai poi ai tuoi compagni che ho altre funi anche per loro.

Ah! Tu credevi di venire qui a farmi delle intimazioni? Intanto comincia coll’assaggiare la cala! —

I marinai intanto, specialmente quelli d’origine inglese, — e non ve n’erano pochi a bordo, — s’erano messi all’opera come i più pratici in tale genere di supplizio.

Questo crudele trattamento, al pari della terribile frusta chiamata gatto a nove code, era ancora in uso quindici anni or sono a bordo delle navi da guerra della marina inglese e anche su non pochi legni della marina mercantile anglo-sassone.

La cala! Questo nome produceva un terrore simile a quello della corda per l’impiccagione, poichè quel supplizio causava sovente la morte del paziente. Consisteva in una semplice corda che partiva dall’estremità d’un pennone e che passando sotto la chiglia della nave, veniva a fissarsi sulla murata opposta, in attesa del paziente.

Questi veniva legato sotto le ascelle poi precipitato brutalmente in mare, quindi si tirava lestamente l’altro capo fissato all’antenna.

Il condannato veniva in tal modo costretto a passare sotto la nave e trattenere il respiro fino alla sua ricomparsa, sotto pena di ingollare acqua a pinte.

Il codice inglese permetteva di eseguire tre volte quella terribile manovra che poteva uccidere la vittima per congestione cerebrale o per asfissia, se non era un valente nuotatore abituato a rimanere sott’acqua.

Si narra anzi che all’epoca del viaggio in Inghilterra di Pietro il Grande, imperatore delle Russie, quel despota avesse fatto domanda all’ammiraglio della flotta di farla infliggere a qualche marinaio tale punizione, onde adottare quella specie di supplizio anche nei suoi stati.

Essendogli stato risposto che pel momento nessuno era stato condannato alla cala, propose agl’ufficiali di servirsi d’un russo.