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Il barbaro supplizio. 23

vertiginosamente, guardava lo charcharias cogli occhi sbarrati, raggomitolato su sè stesso per offrire meno presa a quei terribili denti.

Il mostro intanto, con due colpi di coda era giunto sotto il chinese, dardeggiando sulla preda uno sguardo feroce.

Vedendolo sfuggire, s’inarcò di colpo, poi con un formidabile colpo di coda s’innalzò, slanciandosi fuori dall’acqua.

Fortunatamente aveva preso male il suo slancio. Invece di urtare il chinese, andò a battere il muso contro il fianco della nave e con tale violenza da ricadere in acqua stordito.

Quel momento era bastato ai sei marinai per issare Sao-King fino sulla murata.

L’ufficiale, senza badare che toccando quell’uomo poteva prendere la peste, con un colpo di coltello aveva tagliata la corda e Sao-King era caduto sulla coperta.

Aveva appena posto i piedi sul tavolato che si era già rizzato, facendo precipitosamente tre passi verso il capitano.

Lo guardò per un istante con due occhi che mandavano scintille, poi tendendo la destra verso di lui, gli disse con voce rauca:

— Tu mi pagherai questo supplizio! La tua nave non giungerà in America! —

Quindi balzando verso il boccaporto, alzò la grata che non era stata ancora chiusa cogli arpioni e si precipitò, d’un salto, nel frapponte, mentre urla terribili rimbombavano nel ventre della nave.

— Mi pare di udir a suonare una campana da morto — aveva detto il bosmano, tergendosi il freddo sudore che bagnavagli la fronte. — Quel chinese manterrà la parola. —



CAPITOLO IV.

Le stragi della peste.


L’Alcione aveva ripresa la sua corsa su quel mare che bagnava da un lato le coste orientali dell’Australia e quelle occidentali della Nuova Caledonia, per raggiungere le isole Kermadei, prima di cominciar la traversata dell’immenso Oceano Pacifico.

Dopo quell’atto crudele che pareva dovesse scatenare i chinesi rinchiusi nel frapponte, la calma era tornata a bordo, una calma che non rassicurava però nessuno.

La minaccia del chinese non era stata dimenticata e se i coolies pel momento si mantenevano tranquilli, non era questo un motivo per credere che avessero rinunciato alla loro vendetta. Anzi in quel silenzio l’intero equipaggio vedeva un pericolo maggiore.

No, quella tranquillità, dopo i clamori dei giorni precedenti, le minacce, le grida di morte, non era naturale.

Anche il capitano aveva cominciato a perdere la sua fiducia ed a pentirsi, troppo tardi, delle sue crudeltà.