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32 Capitolo Quinto.

— Ve ne voglio dare anch’io uno — disse il signor de Ferreira.

— Dite pure.

— Che nemmeno voi siete giunto sulle coste della Bolivia e che non si sa se e quando vi giungerete.

— Sperate nell’intervento di qualche nave? Percorro una rotta che non è ordinariamente battuta da alcun vascello da guerra.

— Parlavo della mina che vi sta sotto i piedi — disse il commissario.

— Dei chinesi! Ah! Fra pochi giorni non saranno più da temersi, — disse il gigante con un sorriso da fiera. — Da oggi le loro razioni subiranno una nuova riduzione.

— Sono già mezzi morti di fame e di sete, briccone! — urlò il commissario.

— E farò di peggio per far dispetto al signor commissario del Perù. —

Aveva appena pronunciato quelle parole quando nel frapponte s’alzò un clamore così formidabile, da far credere che cento fiere stessero per sbucare in coperta.

Erano clamori selvaggi, terribili, uniti a cupi rombi come se si demolissero i fianchi della nave.

Il capitano era diventato pallido.

— Udite, signor Carvadho? — chiese il commissario afferrandolo per un braccio. — È la rivolta che scoppia a bordo e che vi caccerà tutti in mare!

In quel momento le quattro sentinelle che vegliavano presso le grate di prora e di poppa si erano slanciate in coperta, gridando:

— All’armi! I chinesi sfondano le pareti!

Il capitano, passato il primo istante di stupore, aveva mandato un ruggito di fiera in furore.

I clamori diventavano così acuti da non udire più i comandi del bosmano e dei contromastri.

— Morte al capitano! — urlavano quattrocento voci. — Vendetta!...

E gli urti continuavano, sempre più potenti, più terribili, minacciando di sradicare le tramezzate e di sfondare le grate.

Il capitano Carvadho, se era un inumano, non era però un codardo, tutt’altro.

Aveva già assistito a ben altre rivolte a bordo della sua nave ed aveva anche avuto la fortuna di domarle col ferro e col piombo.

Con un gesto aveva fatti accorrere i primi dieci uomini armati di fucili e si era precipitato nel quadro, mentre il bosmano faceva sfondare le casse ripiene di pallottole irte di punte, per disperderle sulla coperta e collocare gli artiglieri ai due pezzi.

— Vieni, — disse Cyrillo, conducendo il fratello verso il quadro. — Cerchiamo d’impedire un massacro.

— Vorrei che i cinesi irrompessero sul ponte — disse Ioao.

— Non risparmierebbero nemmeno noi, fratello. —