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L’avvelenatore. | 51 |
quel chinese stava per colpirti, aveva gridato: Non toccate quell’uomo.
— Allora non si prenderà nemmeno la mia — disse l’argentino. — Io solo so guidare la nave e posso essere utile a Sao-King.
Ah! Eccoli che si avanzano! Che si siano accorti della fuga dell’equipaggio?
Signor Ioao, prendete un moschetto anche voi. Ne ho veduto uno appoggiato all’argano.
E voi, signor commissario, non muovetevi finchè non conosceremo le intenzioni di Sao-King.
Alcune ombre strisciavano lungo le murate, cercando di accostarsi al castello.
L’ufficiale ed il giovane Ioao puntarono i fucili, gridando:
— Alto o facciamo fuoco! All’alba ci arrenderemo.
Udendo parlare di resa, i chinesi avevano mandato un immenso urlo di trionfo.
Sao-King, svegliato prontamente, si era fatto innanzi.
— Chi parla? — aveva chiesto. — Il capitano Carvadho?
— No, sono il suo luogotenente — rispose l’argentino.
— Volete arrendervi?
— Sì, abbiamo deciso di capitolare.
— Dov’è il capitano?
— Fuggito.
— Badate che se cercate invece di tenderci un agguato, non risparmieremo nessuno.
— Ti dico che sono fuggiti, Sao-King e che a quest’ora sono anche lontani.
— Siete solo?
— No, — rispose l’ufficiale. — Sono rimasti anche il commissario e suo fratello.
— Non è stato ucciso il signor de Ferreira? — chiese Sao-King.
— È solamente ferito e non gravemente.
— Sono lieto che sia sfuggito alla morte. E quel colpo di fucile cosa significa?
— Ho sparato sul capitano.
— Voi! — esclamò il chinese con stupore.
— Volevo punirlo di averci abbandonati.
— Non avete nulla da temere da parte nostra, — disse Sao-King. — Io non dimentico coloro che ci hanno difesi contro la brutalità del capitano. Deponete le armi e veniteci incontro.
Quindi alzando la voce gridò ai suoi compatrioti:
— Che nessuno tocchi questi uomini bianchi che sono miei amici.
Portate dei lumi e festeggiate la conquista della nostra libertà e della nave. —
Un grido assordante accolse quelle parole: