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I selvaggi. 67

— Disponete anche di me, signor Vargas. Le mie braccia non sono ferite.

— Dovete essere ancora debole.

— Bah! Se la testa è rotta, i muscoli sono ancora solidi.

— Ne approfitterò, signor de Ferreira, — rispose l’argentino, sorridendo.

La violenza delle onde non scemò che verso sera, accordando un po’ di riposo ai naviganti che da quaranta ore lottavano penosamente per salvare la nave e anche le loro vite.

Non volendo però lasciare l’Alcione in balia di se stesso, si scambiarono di due in due ore. Prima Sao-King e Ioao, non sapendo questi manovrare il timone; poi l’argentino e Cyrillo.

L’indomani essendosi l’oceano completamente calmato, innanzi a tutto gettarono tutti i viveri della dispensa onde non correre il pericolo di fare la fine dei disgraziati coolies, poi assicurarono il trinchetto già assai compromesso dalla caduta dell’albero maestro, tendendo nuovi paterazzi e nuove sartie e spiegando una vela sul trevo inferiore, per approfittare della brezza che spirava fortunatamente dal sud-sud-ovest e che doveva spingerli verso le isole degli Amici o di Tonga-Tabù, come si vogliono chiamare.

Rialzate e rinforzate quindi alla meglio le murate, abbattute e sfondate dall’impeto delle onde, fecero l’inventario dei pochi viveri trovati nel quadro di poppa.

Erano ben poca cosa: due casse di biscotti, delle scatole di conserva, del caffè, dello zucchero e dei liquori.

— Non c’è molto da stare allegri, — disse l’ufficiale argentino. — Tuttavia queste provviste spero che ci basteranno per raggiungere l’arcipelago. E poi sarà meglio approdare a quelle spiagge più magri che grassi.

— Per non destare gli appetiti abbominevoli di quegli isolani, è vero signor Vargas? — chiese Ioao.

— Ci tengono alla carne umana, ve lo assicuro. Si dice anzi che diano la preferenza a quella bianca, quantunque in generale gli antropofaghi affermino che sia troppo amara.

— Come! — esclamò stupito e un po’ mortificato il giovane peruviano. — La nostra carne è meno pregiata di quella dei negri, dei mongoli e dei malesi?

— Tale è l’opinione degli antropofaghi, condivisa da altri formidabili divoratori di carne umana.

— Da quali?

— Dai pesci-cani.

— Anche quei feroci squali sdegnano la nostra carne d’uomini bianchi?

— Adagio, signor Ioao, non la disprezzano affatto, anzi tutt’altro. Provate a gettarvi in acqua quando qualche charcharias nuota intorno all’Alcione e vi persuaderete che non vi lascerebbe in pace.