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Il mistero continua. 91

parte da splendide tridacne che avevano quasi un metro di diametro, colle valve semiaperte d’una tinta pallido azzurra e di gorgonie fiammeggianti in forma di ventagli.

L’Alcione trascinato dai misteriosi nemici e spinto dalla marea, si era adagiato sul banco, arrestandosi dinanzi ad un agglomeramento corallifero irto di punte acute.

Se fosse stato spinto più oltre, la sua carena, senza dubbio, sarebbe stata sfondata da quei pungiglioni resistenti e duri come l’acciaio.

— Siamo arenati, — disse l’argentino, — eppure non dispero ancora. Con una buona manovra e qualche àncora si potrebbe riguadagnare il largo.

— Operazione lunga? — chiese Cyrillo.

— E anche molto faticosa giacchè si dovrebbe ricorrere all’argano e contare sul vento.

— Che manca completamente in questo momento, — osservò Sao-King.

— Senza contare poi che i misteriosi nemici potrebbero comparire da un momento all’altro, — aggiunse Ioao.

— Non si può tentare nulla? — chiese Cyrillo.

— Bisognerà attendere l’alta marea, — rispose l’argentino.

— Che avverrà?

— Fra otto ore. La discesa dell’acqua non è durata finora che quattro.

— E riusciremo?

— Questo non ve lo posso assicurare, signor Cyrillo, tanto più che siamo deficienti di forze. Quattro uomini sono troppo pochi per l’argano.

— Ci vorrebbero delle altre braccia, è vero? — chiese Sao-King.

— Sì, — rispose l’argentino.

— Allora andrò a chiederne al capo Tafua.

— Un’impresa pericolosa, — disse Cyrillo. — I nemici possono essere nascosti in questi dintorni.

— Che cosa fare adunque? — si chiese l’argentino. — La nostra situazione minaccia di diventare disperata e forse...

Un grido di Ioao gli interruppe bruscamente la frase.

— Una piroga! — aveva esclamato il giovane peruviano.

Tutti si erano slanciati verso il cassero.



CAPITOLO XIII.

Gli antropofagi.


Una piroga scavata probabilmente nel tronco di qualche enorme cedro, lunga dodici metri e larga quasi due, imboccava in quel momento il canale che metteva nella baia.