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Sull'Atlantico 147


— L’Atlantide! — esclamò Ranzoff. — Io ho udito parlarne molto, signor Boris. Ma credete voi che non sia invece altro che una semplice leggenda?

— Non sembra, se si deve prestar fede alle nuove indagini fatte in questi ultimi tempi dagli scienziati. Pare che realmente un tempo una immensa isola si estendesse fra l’Africa e l’Europa e che gli antichi fenici l’avessero bene conosciuta.

Le tradizioni tramandate da Platone e da lui raccolte da sacerdoti istruiti babilonesi, greci ed egiziani, hanno tutta l’apparenza della verità.

L’Avezac, per esempio, un erudito che si acquistò tanta fama nel mondo scientifico, lo ha ammesso, dopo aver trovate le prove della distruzione, nei caratteri vulcanici delle isole che si estendono dalle coste dell’Africa meridionale alla linea equinoziale.

Le Azzorre, le Canarie, il gruppo di Madera, tutte altissime, non sarebbero che le sommità del continente ingoiato dall’Atlantico.

— E quando sarebbe avvenuta quella catastrofe?

— Chi può dirlo? Probabilmente prima che l’Atlantico si unisse al Mediterraneo.

— Come! — esclamò Wassili stupito. — Non è sempre esistito lo stretto di Gibilterra?

— La storia lo nega.

— Che sia stato immenso quel continente?

— Certo, — rispose Boris. — Sembra che si estendesse fino all’America e si suppone che anche le Antille non siano altro che avanzi dell’Atlantide.

— E che non sia sfuggito nessuno a quel tremendo disastro?

— Sì, i Guanchi, che ora abitano le Azzorre e le Canarie.

— Sarebbero i discendenti di quel popolo sommerso dall’Atlantico?

— Si suppone e con ragione, perchè se si deve credere alla tradizione, gli abitanti dell’Atlantide avevano una civiltà pari a quella dei babilonesi, dei fenici e degli egiziani.

Quando i primi europei approdarono alle Azzorre e alle Canarie, rimasero non poco stupiti di trovare presso i Guanchi una civiltà che era forse superiore a quella che esisteva in quell’epoca nella nostra Europa. Ciò vuol dire che non ostante la distruzione del continente, l’avevano egualmente conservata.

— Quale terribile catastrofe deve essere stata quella! — esclamarono Rokoff e Fedoro, i quali assistevano al colloquio.