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186 Capitolo XV.


Il cosacco ed il timoniere scesero sulla costa, dove si trovavano degli enormi ammassi di warech strappati, dalla furia dei cavalloni, dal fondo marino.

Tutta la spiaggia ne era coperta, formando qua e là dei cumuli considerevoli.

Avevano già fatto una grossa raccolta e si preparavano a risalire verso la capannuccia, quando un grido sfuggì a Ursoff.

— Un uomo!... —

Il cosacco, udendo quel grido, aveva lasciato cadere l’ammasso di fuchi che portava sulle spalle.

— Dove? — chiese.

— L’ho veduto lassù, sul quarto cornicione.

— Non era forse qualche gigantesco pingoino?

— No, signor Rokoff, era veramente un uomo e anche armato di fucile.

— Ma se questo scoglio si chiama l’Inaccessibile! Solo delle scimmie potrebbero scalarlo e non credo che sotto questa latitudine possano vivere dei quadrumani coduti.

— Eppure vi confermo che quello che io ho veduto era veramente un uomo, e vi aggiungerò anzi che indossava una divisa da marinaio.

— E dov’è scomparso?

— Non lo so, signore. Ci ha guardati un momento, poi si è gettato dietro le rocce che coronano il cornicione.

— Non ha fatto nessun gesto?

— Nessuno.

— Non ha afferrato il fucile?

— No, signor Rokoff.

— Che degli uomini si siano rifugiati sulla cima di questo gigantesco scoglio? Ed a quale scopo?

Riprendi il tuo carico e raggiungiamo il signor Wassili. Forse lui potrà spiegare questo mistero.

— E teniamo gli sguardi fissi su quel cornicione, signor Rokoff, — aggiunse il timoniere. — La rapida scomparsa di quell’uomo non mi rassicura affatto. —

Raccolsero i fasci di warech e raggiunsero abbastanza lestamente l’abituro, quantunque la salita fosse tutt’altro che facile.

Quando vi giunsero, l’ingegnere aveva terminato di arrostire un bel pezzo di lingua, la quale tramandava un profumo veramente squisito.