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I misteri dell’Inaccessibile 199


— Nulla, finchè non esploreremo questo passaggio, — rispose Wassili. — Aspettiamo però, prima di avanzarci. Le vôlte potrebbero caderci addosso dopo un altro scoppio.

Si sedettero presso la prima arcata, per essere più pronti a fuggire all’aperto e attesero pazientemente, col cuore stretto però da una profonda angoscia, temendo che, ad ogni istante, un altro e più spaventevole scoppio avvenisse.

Passarono dieci minuti, lunghi come secoli, poi l’ingegnere, non udendo più alcun fragore, si alzò risolutamente, dicendo:

— Accendi una torcia, Ursoff.

Il timoniere fu pronto ad obbedire.

— Il primo posto a me, — disse il cosacco. — Nessuno passerà dinanzi al mio fucile. —

La torcia, bene inzuppata di grasso, bruciava splendidamente, spargendo intorno una luce vivissima, essendo il grasso degli elefanti marini buonissimo per l’illuminazione.

Avanzatisi di pochi metri, l’ingegnere s’avvide subito che quella galleria non era naturale.

Degli uomini dovevano averla aperta a colpi di piccone e fors’anche coll’aiuto delle mine.

— I misteriosi abitatori di questo scoglio devono essersi preparato qualche rifugio imprendibile, — mormorò. — Che cosa scopriremo noi?

Avevano percorsi una diecina di metri quando scoprirono un altro passaggio, più stretto del primo, ed ingombro di massi caduti dalle vôlte.

— Non dobbiamo essere lontani dal luogo ove è scoppiata la prima mina, — disse l’ingegnere, il quale osservava attentamente le pareti. — Avanzatevi con precauzione, signor Rokoff, quantunque io sia ormai convinto che non ci debba essere più nessuno in questo scoglio. —

Si cacciarono anche dentro quel nuovo passaggio. Rokoff precedeva sempre i compagni, seguìto subito da Ursoff, il quale bruciava le sue torce. L’ingegnere veniva ultimo.

Altri dieci o dodici metri furono così percorsi, poi si trovarono dinanzi ad un nuovo franamento.

Le vôlte anche là erano crollate, però un nuovo passaggio, appena sufficiente a permettere a Rokoff, il quale era il più grosso di tutti, di attraversarlo strisciando, si offerse ai loro sguardi.

— Udite nessun rumore? — chiese l’ingegnere.