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280 Capitolo V.


— È tutto questo?

— No, signor barone.

— Che cosa volete ancora?

— Dirvi che noi ci metteremo subito in cerca d’una nave e che l’avvertiremo che sul banco di Riff si è arenata una nave da guerra russa e che parecchie centinaia di uomini attendono urgenti soccorsi. Noi non interromperemo la nostra crociera dell’Atlantico finchè non saremo ben certi che vi abbiano salvati.

Ho ora un’altra cosa da dirvi.

— Quale?

— Che voi sarete pienamente rimborsato delle perdite subìte dalla Compagnia. —

Questa volta non fu il solo barone che fece un moto di profonda sorpresa: anche Boris e Wassili avevano guardato Ranzoff, chiedendosi mentalmente se era impazzito come il barone.

— Siete un nababbo voi!... — esclamò Teriosky. — Le tre navi che avete affondate non costano meno di un milione di dollari a mio padre.

— Era il calcolo che avevo fatto approssimativamente io, — rispose il Re dell’Aria, con calma. — Accettate le nostre condizioni?

— Sì, ad un patto però.

— Dite pure.

— Io vi ripeto che ignoro assolutamente, per ora, dove mio padre si sia rifugiato, però sono certo che si trova su qualche isola a lui ben nota.

Voi l’assalirete, gli avventurieri che mio padre ha assoldati la difenderanno sicuramente con estremo accanimento.

Risparmierete mio padre?

— Ve lo promettiamo, — risposero ad una voce il Re dell’Aria, Boris e Wassili.

— Voi siete generosi: io cercherò di non esserlo meno. Sono libero, signori?

— La vostra scialuppa vi aspetta, — rispose Ranzoff.

Il baronetto si era fermato dinanzi ai due cugini. Pareva che una terribile lotta si combattesse nel suo animo, a giudicarlo dall’estrema alterazione del suo viso.

Ad un tratto fece un passo innanzi con ambe le mani tese, dicendo con voce profondamente commossa:

— Vi giuro, signori, che se mio padre ha commessa, nella sua follia, una infame azione, il figlio farà di tutto per ripararla. —

Strinse le mani che l’ex-comandante della Pobieda e Wassili gli