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336 Capitolo X.


fenditure e dei rientramenti, sufficienti ad offrire un ottimo asilo nel caso che gli arruolati del barone avessero precipitato dall’alto dei massi. Il luogo sembrava affatto deserto, però là dove la valletta terminava s’alzava un enorme scoglio, simile all’Inaccessibile di Tristano de Cunha e che pareva dominasse tutto l’isolotto.

— Io credo che siano lassù, — disse Ranzoff al cosacco. — Vedo lungo i fianchi di quella colossale roccia dei punti oscuri, che potrebbero essere benissimo delle finestre o delle feritoie.

— Ecco una fortezza formidabile, che mi ricorda altre consimili da me vedute nell’Albania, — rispose Rokoff.

— Imprendibile, secondo voi?

— Almeno da questo lato. Si vede che i corsari dell’Atlantico sapevano scegliere bene i loro rifugi.

— Certo che non erano degli stupidi, — rispose Ranzoff. — Può però essere attaccabile dall’altro versante.

— Noi però discutiamo oziosamente, capitano. Non abbiamo ancora nessuna prova che ci confermi essersi il barone rifugiato su quel nido d’uccelli rapaci. —

Ranzoff non rispose. Guardava attentamente l’enorme cono, con un cannocchiale da marina.

— La prova, — disse ad un tratto. — Noi l’abbiamo già.

Guardate verso la cima, signor Rokoff. —

Il cosacco prese il telescopio che Ranzoff gli porgeva e a sua volta lo puntò nella direzione indicatagli.

— Non è possibile ingannarsi! — esclamò dopo qualche minuto. — È vero fumo quello che sfugge dal picco più alto.

— Sì, signor Rokoff, — rispose il capitano dello Sparviero.

— Non vi sono vulcani qui?

— No: l’isola è di formazione vulcanica, però non ha mai dato segno di vita.

— Allora quel fumo esce da qualche camino?

— Così almeno la penso io.

— Furfanti!... — brontolò il cosacco. — Non potevano trovare un luogo migliore. Che cosa faremo ora, signor Ranzoff? — chiese poi.

— Aspettiamo che il nostro uomo giunga.

— Verrà?

— Io lo spero. Intanto, signor Rokoff, per non annoiarci troppo, facciamo colazione. —