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46 Capitolo V.


Abbiamo troppi affari importanti da sbrigare e dobbiamo andare molto lontano.

— Non insisto, signore.

— Non è prudente rimanere qui. I cosacchi, malgrado le tue asserzioni, potrebbero svegliarsi e potrebbe giungere qualche ufficiale d’ispezione.

Andremo ad accamparci fra le foreste di abeti e di betulle che coprono la spiaggia, così potremo meglio sorvegliare il guardacoste e prendere le nostre misure per l’abbordaggio.

— Come vuoi, signore.

— Fa radunare i forzati e andiamo subito via. Non mi sento tranquillo fra le muraglie di questo penitenziario. —

Pochi minuti dopo, tutti uscivano all’aperto, mentre il nevischio, che continuava a cadere insistentemente, copriva d’un bianco lenzuolo i cadaveri dei cosacchi e riempiva lentamente la fossa, in fondo alla quale, sempre legato alla sedia, dormiva eternamente il capitano.


CAPITOLO V.

L’abbordaggio della cannoniera.

Un sole scialbo scialbo, privo di calore, che di quando in quando si nascondeva in mezzo alle candide nubi, gravide di neve, lanciava i suoi raggi attraverso le desolate pianure dell’isola maledetta, perduta ai confini dell’Asia abitata.

Un gelido vento di tramontana soffiava a lunghi intervalli, strappando dalle alte montagne del centro nembi di nevischio, il quale avvolgeva silenziosamente i forzati, ben chiusi nei loro lunghi cappotti grigi.

Bedoff, che conosceva a menadito il paese, apriva la via, tenendo sotto il braccio un fucile. Lo seguivano il comandante e suo fratello Wassili, poi i forzati, divisi in sei squadre, preceduti dal vecchio starosta.