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il re della montagna 107

Ad un tratto si aprì la grande porta del palazzo reale, difesa da sei pezzi d’artiglieria, i soldati schierati dinanzi ai porticati presentarono le armi, ed apparve lo sciàh Mehemet, il despota della Persia, vestito semplicemente di panno azzurro, coi larghi calzoni di eguale panno, coi bottoni di diamanti, l’alto cappello di feltro sormontato da un grande pennacchio tempestato di pietre preziose.

Per unico distintivo portava i due braccialetti chiamati kok-i-nour, ossia montagna di luce, e derva-i-nour, od oceano di luce, che da secoli si conservano dai monarchi persiani e che si dice costino delle somme favolose, essendo coperti di diamanti grossi come noci e di zaffiri d’uno splendore straordinario.

Lo seguivano gran numero di khan, ossia capitribù militari, di principi, di governatori di Provincie, di kakim, ossia capi di città ragguardevoli, di ufficiali di tutte le armi. Il sadri-azem, che è il primo ministro, gli stava a destra, ed il nasak-tchi-bachi, che è un grande maresciallo, ma nello stesso tempo il suo giustiziere ed esecutore, gli stava a sinistra.

Fathima, rannicchiata presso una colonna, fra i due montanari, nello scorgere quel potente, dinanzi a cui i più grandi dignitari del regno si curvavano tremanti, impallidì e sussultò, mormorando con voce soffocata:

— Lui!...

— Guarda quale potenza potrebbe darti quell’uomo — disse Nadir.

— Amo te, o mio Nadir, e non diventerò mai sua.

— Grazie, Fathima!...

— Zitti, imprudenti — disse Harum, gettando intorno un acuto sguardo. — Vi possono essere degli orecchi tesi.

— È vero — mormorò Nadir, rabbrividendo.

Lo sciàh aveva preso posto su di uno splendido palco eretto dinanzi al palazzo reale, adorno di ricchi tappeti di Kerman, sfolgorante d’oro, di arazzi, di bandiere e di orifiamme. Quattro file di soldati armati e la guardia l’avevano circondato, mettendo in batteria diciotto pezzi di cannoni carichi a mitraglia, posti sulle gobbe di altrettanti cammelli.

Ad un cenno del monarca, la festa incominciò. Mentre la folla si pigiava contro gli angoli della piazza, brutalmente respinta dalle truppe, s’avanzò un uomo robustissimo, ignudo dalla cintola al capo,