Pagina:Salgari - Il re della montagna.djvu/109

Da Wikisource.

il re della montagna 109

un urlo immenso, feroce, s’alzò tra la folla che gremiva la vasta piazza, e una grandine di sassi cadde sui due supposti assassini di Hussein, costringendoli a una disperata fuga.

La rappresentazione stava per terminare. S’incendiarono dalla folla le capanne, e sul grande palco apparve la sepoltura di Hussein coperta d’un drappo nero, sormontata da una tigre imbalsamata.

Subito dopo, un colpo di cannone sparato sulla terrazza del palazzo reale, annunciava alla popolazione di Teheran che l’ed-i-yatl era terminato.

— Presto — disse Harum, prendendo Nadir per un braccio. — Le porte della città stanno per aprirsi.

— Dove sono i tuoi compagni?

— A pochi passi da qui.

— Vieni, Fathima — disse Nadir.

La folla si riversava nelle vie adiacenti, schiacciandosi, per modo di dire, fra le case, ma i due montanari, lavorando di gomiti e di spalle, l’attraversarono e imboccarono una viuzza quasi deserta.

Harum, che camminava dinanzi, guardandosi di frequente alle spalle per vedere se era seguito da qualche spia, indicava la strada.

Percorsi duecento metri, s’arrestò dinanzi ad un cortile chiuso da una cancellata e che era guardato da parecchi uomini vestiti da curdi.

— Affrettiamoci — disse Harum.

In un lampo quegli uomini condussero fuori otto cavalli di forme stupende, coi garretti solidi, la testa leggera, il ventre stretto, veri bevitori d’aria, come dicono gli orientali per esprimere dei cavalli che vanno rapidi come il vento.

— Sai tenerti in sella, Fathima? — chiese Nadir.

— Come una persiana — rispose la giovanetta.

Il montanaro la prese delicatamente fra le braccia e la pose sul cavallo più bello, poi balzò in sella ad un altro che Harum gli indicava.

— Partiamo — disse Nadir.

— Vi sono i fucili? — chiese Harum ai suoi compagni.

— Sono nascosti sotto le gualdrappe — risposero.

— E le pistole?

— Nelle fonde delle selle.

— Andiamo, e che Allah ci protegga!