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il re della montagna 123

— Se fossi stato libero sarei volato quassù, Mirza; ma quando le truppe dello sciàh ci diedero addosso respingendoci, fui diviso da’ miei compagni e costretto a salvarmi nella casa d’un principe.

— E non ti hanno ferito? — chiese Mirza con angoscia.

— No, quantunque mi abbiano sparato dietro parecchi colpi di fucile.

— A quanti pericoli ti sei esposto, Nadir!

— Era tempo che il Re della Montagna facesse conoscenza col fuoco.

— Ma se ti uccidevano? Credi tu che io sarei sopravvissuto alla tua morte?

— Sono tornato vivo, Mirza.

— Ma non ti lascerò più mai scendere a Teheran.

— Non ne avrò più bisogno.

— Ah!... Finalmente!... È vero che è più bella la nostra montagna?

— Ora sì — disse Nadir. — Più bella di Teheran, del palazzo dello sciàh, della Persia intera, e...

S’arrestò guardando fisso fisso il vecchio Mirza, che era raggiante di gioia, e posandogli le mani sulle robuste spalle, che gli anni non avevano ancora curvate, gli chiese:

— Mirza, credi tu che a vent’anni la sola montagna basti?

— Perchè questa domanda, Nadir? — chiese il vecchio con inquietudine.

— È bella la montagna, Mirza, orridi gli abissi, superbi i boschi, dolce il fragore delle cascate e il mormorìo dei torrenti, delizioso il vento che rugge sulle vette nevose; ma ad un giovane di vent’anni tutto ciò non basta.

— Me l’hai detto ancora, Nadir.

— Quando il venticello della sera mormorava dolcemente fra i boschi, quando l’aria era imbalsamata dal profumo dei fiori, quando il sole tramontava dolcemente fra l’orizzonte infuocato, io provava dentro di me una sensazione sconosciuta, strana, il cuore mi batteva forte forte ed una voce interna mi sussurrava: «Va’, Nadir, chè la montagna più non ti basta».

— Me lo hai detto.

— Sai che cos’era quella strana sensazione, Mirza?

Il vecchio non rispose, ed i suoi occhi fissavano Nadir con crescente inquietudine.