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124 emilio salgari

— Io prima la ignorava, ma ora che sono disceso a Teheran, so che cos’è.

— Che vuoi dire, figliuol mio? — chiese Mirza.

Il giovanotto gli si appressò ancor più e gli chiese a bruciapelo:

— Mirza, hai mai amato tu?...

— Perchè questa domanda, Nadir?

— Perchè quella sensazione sconosciuta che io provava, era sete d’amore!...

— Nadir!... Che cosa sai tu?... Che hai fatto a Teheran?

— Ho sentito il mio cuore a palpitare.

— Per chi?

— Per una donna, bella come un raggio di sole, come una dea scesa dal cielo.

— Tu!...

— Io, Mirza.

— Ma sai tu chi sei?

— Un figlio del nevoso Demavend.

— No, Nadir.

— Chi sono io dunque?

— Un uomo che potrebbe un giorno diventare potente come il re che domina la Persia tutta.

— Un principe?

— Più d’un principe.

— Che cosa dici, Mirza!

— Tu sei un figlio di sciàh!

— Io!... Figlio di re!... — esclamò Nadir, guardando il vecchio con una certa espressione che voleva significare: ma tu sei pazzo.

— Nadir, — disse Mirza con voce grave, — ti ricordi di quel guerriero coperto di gemme e d’armi scintillanti, che veniva a contemplarti nella tua culla?

— Sì — mormorò il giovanotto, diventando meditabondo.

— Quell’uomo era tuo padre.

— Me lo hai detto.

— Quell’uomo era potente come il re che comanda sulla Persia intera, perchè era sciàh anche lui.

— Ma perchè io sono qui, mentre dovrei essere nel palazzo reale di Teheran?... Che cosa è accaduto a mio padre?

— L’hanno ucciso.