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il re della montagna 125

— Chi? — chiese Nadir, mentre un lampo di collera gli balenava negli occhi. — Parla una volta, Mirza!...

— Non lo posso, Nadir.

— Per quale motivo?... Chi sono io?... Non sono un uomo forse?... Ho vent’anni e sento che nelle vene mi scorre sangue di guerrieri.

— Non lo posso, ti ripeto. Se tu lo sapessi, ti ucciderebbero.

— Uccidermi! — esclamò Nadir, rizzando l’alta statura. — Non temo nessuno e li sfido tutti!... Parla, Mirza, lo voglio!...

— Te lo dirò, ma quando mi avrai detto chi è la donna che tu ami. Essa non potrebbe essere degna di te, d’un figlio di sciàh.

— Essa è degna di sedere sui gradini d’un trono, poichè fra giorni doveva andare sposa allo sciàh attuale.

— Disgraziato!... Che hai fatto!...

— Mi ama, io l’amo e l’ho rapita al re.

— Ti farai uccidere.

— Non si uccide così presto il Re della Montagna, Mirza. Questo è il mio castello, e qui affronterò i furori del mio rivale.

— Ma lo sciàh è potente, Nadir.

— Lo so.

— Ti scaglierà contro un esercito.

— Non lo temo.

— Sa che tu sei qui?

— Non mi ha mai veduto.

— Non sa chi tu sei?

— No, e ignora perfino che la fanciulla che amo è quassù.

— Ma dov’è essa?

Nadir s’avvicinò a Fathima, che aveva ascoltato tutto senza pronunciare sillaba, e, levandole il grande turbante e rialzandola, disse:

— Guardala!... È degna di me?