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il re della montagna 141

Entrambi vengono allora condotti nella stanza nuziale, in mezzo alla quale è stato preparato una specie di divano formato d’un grande cuscino di seta e d’un tappeto, col capezzale vôlto verso la Mecca, la città ove riposa il Profeta Maometto, il fondatore della religione musulmana.

Su quel cuscino si colloca lo specchio recato dalla sposa, ai lati si depongono due grandi candelabri adorni di fiori e di nastri, e il mollah (prete), o in mancanza di questo il parente più stretto, unisce dinanzi allo specchio le destre degli sposi; ma l’uomo deve premere col suo piede destro quello della sposa, in segno di padronanza.

Viene allora pronunciata la frase: «Allah (Dio) sia con voi»; e i due fidanzati sono sposi.

Allora cominciano i suoni, le danze, i canti, e le feste si succedono alle feste per parecchi giorni e talvolta per delle settimane intere.

Quantunque nel vecchio castello del Re della Montagna tutte queste cerimonie fossero impossibili, non avendo i fidanzati parenti, nè la giovane persiana una casa propria, Mirza si era dato le mani d’attorno, perchè la festa riuscisse imponente come meritavano il grado e la posizione elevata degli sposi.

Fino dal mattino aveva radunato nel castello una trentina di cacciatori e di banditi, perchè lo aiutassero nei preparativi. I ricchi tappeti sfolgoranti d’oro e di gemme, gli splendidi arazzi che un giorno adornavano le pareti del palazzo reale di Teheran, erano stati levati dai polverosi solai, dove dormivano da tanti anni, ed erano stati stesi negli ampi saloni del castello, mentre le bandiere e le orifiamme, in mezzo alle quali campeggiava il sole splendente, l’emblema degli sciàh, erano state spiegate sui merli delle grosse torri, al vento della montagna.

La stanza nuziale, addobbata splendidamente, con tappeti ed arazzi, divani e cuscini di seta e di broccato, con lampade grandiose di metallo dorato e con specchi giganteschi, non attendeva che i due fidanzati. Mirza, che lavorava per quattro malgrado la sua avanzata età, l’aveva abbellita con dei grandi vasi di vera porcellana di China, doni di ambasciatori del Celeste Impero al suo re, sostenenti dei grandi mazzi di rose montanine, che spandevano all’intorno un acuto profumo.

Il divano destinato alla cerimonia era già pronto, coll’origliere volto verso Zeble, ossia la Mecca, e ai due lati erano stati già collo-