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Pagina:Salgari - Il re della montagna.djvu/152

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152 emilio salgari

tenti, ed ora lottava come un leone nel più folto dei nemici, abbattendone a destra ed a sinistra.

I suoi valorosi compagni, niente atterriti dal numero delle guardie che erano rinforzate dai molti konchouni-akari o soldati di fanteria e di zembou-rektchi od artiglieri delle batterie dei cammelli, lottavano con furore senza pari, urlando a squarciagola per accrescere il terrore ed il tumulto.

Fra gli spari dei fucili e delle pistole, fra le grida dei combattenti, fra i gemiti dei feriti, si udiva la voce di Harum che tuonava ad ogni istante:

— Su, prodi figli del Demavend, spazzate questa canaglia!... Viva il Re della Montagna!...

L’attacco dei montanari era stato così impetuoso, che i soldati del re, dopo d’aver opposto una breve resistenza, si erano precipitati confusamente fuori della sala, malgrado il loro numero. Impotenti a servirsi dei loro fucili, in quella lotta corpo a corpo e in quell’oscurità, erano usciti sul piazzale del castello, dove tumultuavano i loro compagni, che avevano ormai circondato tutte le torri.

Nadir, miracolosamente illeso, col kandjar lordo di sangue fino all’impugnatura, non vedendo innanzi a sè più nemici, retrocesse verso la scala, ordinando la ritirata.

Le guardie del re, furibonde per lo scacco subìto e vedendosi sfuggire la preda, irruppero per la seconda volta nella sala seminata di morti e di moribondi, facendo un fuoco d’inferno.

Non era più il caso di ributtarli una seconda volta. I montanari, già decimati, colle pistole scariche, si rifugiarono nelle sale superiori, chiudendo dietro di sè le massicce porte ferrate, che potevano opporre una lunga resistenza.

Contatisi, si videro in trentasette: ventitrè erano rimasti sul campo della pugna.

— Mirza! — gridò Nadir, precipitandosi nella stanza nuziale. — Dov’è la mia Fathima?...

— Figlio mio! — gridò il vecchio, correndogli incontro, più pallido d’un cencio lavato. — Ti hanno ferito?

— No, mio buon Mirza; ma stiamo per venire schiacciati dal numero.

— Harum adunque non si era ingannato, quando fece fuoco sotto il bosco.