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danti di città minori, dei kelanter o sindaci di città, dei ketkhonda o sindaci di villaggi; poi dei capi tribù, Curdi, Illiati, Kadjars, e dei gran signori che si divertivano a gettare al popolino festante manate di pouls1 per dimostrare la loro ricchezza.

Sulla piazza di Meidam, la folla affluiva a ondate malgrado gli sforzi dei daroga (luogotenenti di polizia) e dei mir-i-ahdas (capi di polizia) che cercavano di regolare il movimento della popolazione. Tutti accorrevano ad ammirare le guardie del re in gran gala, che caracollavano dinanzi al palazzo, o gli zembourecktchi, che dall’alto delle terrazze facevano tuonare i cannoni, o le danze delle bajadere, giovani ragazze sfarzosamente vestite, che rallegrano ordinariamente i banchetti dei gran signori, ma che quel giorno, per ordine dello sciàh intrecciavano le loro danze sulla piazza reale, intonando i canti poetici di Valmichi, il poeta più popolare della Persia.

La notte era discesa, ma lungi dal calmare la curiosità della buona popolazione di Teheran, la faceva invece crescere di momento in momento. Il palazzo reale fiammeggiava; miriadi di lumi di mille colori spandevano sulle terrazze, sotto gli splendidi porticati, sulle cupole, sulle torricelle, ondate di luce variopinta. I palazzi dei ricchi, dei principi, le moschee, i minareti si erano pure illuminati, e dalle terrazze salivano fra le tenebre, sibilando e tuonando, i razzi e le serpentine, o roteavano le girandole, o tuonavano i petardi, spandendo ovunque nembi di scintille e piogge d’oro.

In mezzo a quella folla che si stipava addosso al palazzo reale, fra quei clamori strappati dalla meraviglia, due uomini vestiti da curdi, coll’ampio turbante calato sul volto, seguiti a breve distanza da altri quattro Curdi armati di fucili e di pistole, s’aggiravano silenziosamente sulla piazza.

Ogni qual tratto si arrestavano per lanciare dei lunghi sguardi sui cavalieri del re che continuavano a caracollare dinanzi al palazzo reale, e pareva che li contassero con particolare attenzione; poi osservavano le guardie schierate sotto i porticati, in pieno assetto di guerra, e gli otto cannoni appostati ai lati della porta principale, colle bocche volte verso la popolazione. Parevano entrambi inquieti e si guardavano l’un l’altro in viso, come se volessero comunicarsi cogli occhi le loro apprensioni.

  1. Monete che valgono poco più di cinque centesimi.