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il re della montagna 183

— Dimmi — soffiò all’orecchio del compagno il più alto dei due. — Non ti sembra che questa sera si prendano delle precauzioni insolite?

— Taci — rispose l’altro, gettando una rapida occhiata all’ingiro. — Guarda ed ascolta.

Si erano avvicinati a due daroga che si tenevano appoggiati ad una colonna dei lunghi porticati che girano attorno alla piazza, pronti a respingere la folla, se si avanzava troppo verso i soldati del re, e quei due luogotenenti di polizia parlavano a voce bassa, ma non tanto da non poter essere uditi da un attento orecchio.

— Hai notato nulla? — chiedeva l’uno.

— No — rispose l’altro. — Mi sembra che la popolazione non pensi che a divertirsi.

— Che ci abbiano ingannati?

— Non so che dire, ma nulla scorgo di sospetto.

— Eppure il mir-i-ahdas ha detto che la congiura esiste.

— La popolazione è quasi inerme e non so come potrebbe resistere ad una scarica dei cannoni.

— Sono guardate le porte?

— Che cosa temi?

— Una irruzione dall’esterno.

— I Curdi della pianura stamane occupavano ancora le loro tende ed erano tranquilli. D’altronde gli artiglieri del corpo dei cammelli vegliano ed i pezzi sono pronti sugli spalti.

— È vero quello che si dice?

— Che cosa?

— Che le truppe del Masenderan, che guerreggiavano sulle rive del Caspio contro i Russi, da ventiquattro ore sono in marcia?1

— Non lo so.

— E che lo sciàh è pronto a raggiungerle?

— Lo ignoro; ma ciò indicherebbe che lo sciàh non si crede più sicuro nella sua capitale e che diffida delle sue guardie.

— E’ impossibile: tu sai che le guardie sono fedeli. Toh!... Ecco Hadji!...

  1. In quell’epoca Mehemet sciàh aveva intrapreso una campagna contro la Russia.