Pagina:Salgari - Il re della montagna.djvu/44

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Cap. V.

Il primo palpito.

Lasciata cadere la mussolina, era rimasta ritta presso la lampada, colla testa lievemente inclinata sulla spalla sinistra e gli occhi fissi sulle leggere cortine di seta della finestra, che il fresco venticello della sera lievemente gonfiava. Pareva che cercasse di raccogliere qualche nuovo grido o qualche nuova archibusata di coloro che perlustravano il giardino.

— Nulla — disse dopo alcuni istanti scuotendosi. — Che l’abbiano ucciso? Infelice!...

D’improvviso trasalì, diventando ancor più pallida. Le pareva di aver visto le tende dell’alcova agitarsi.

Fece un passo indietro, appoggiandosi con una mano ad un tavolino, e guardò verso il luogo ove celavasi Nadir, poi guardò la tenda della finestra, che in quel momento erasi gonfiata.

— È il vento — disse, atteggiando le labbra ad un sorriso, che lasciò vedere due file di candidissimi denti.

Ma quel sorriso tutto d’un tratto le si gelò sulle labbra. Le tende dell’alcova si erano lentamente alzate, e Nadir, col capo scoperto, le mani tese, era apparso.

— Silenzio — diss’egli, con un tono di voce tutt’altro che minaccioso. — Silenzio, o sono perduto.

Si avanzò fino in mezzo alla stanza e mise un ginocchio a terra proprio dinanzi alla giovane persiana, la quale, assalita da un inesprimibile terrore, indietreggiò vivamente fino alla parete opposta.