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il re della montagna 71

— Ma l’ami quel vecchio?

Un fugace lampo, che tradiva un profondo disprezzo, balenò negli occhi della giovane persiana.

— No — diss’ella. — Io non so il perché, ma tutte le volte che lo vedo, mi sento correre un brivido nelle vene e provo una inesplicabile repulsione. Vi è una voce interna che mi susurra sempre: «Guardati, Fathima; quell’uomo sa di sangue!...» E qui si sussurra che abbia assassinata la mia famiglia!...

— Qual mistero!... — mormorò Nadir. — È forse più tremendo del mio! Strano destino!... Non importa, Fathima; se hai perduto il padre, te ne darò un altro che ti adorerà, e questo sarà il buon Mirza. Ah!...

— Zitto!...

Si era udito un passo che si avvicinava lentamente. Fathima impallidì; il prode giovanotto invece s’affrettò a snudare il kandjar. Passarono tre secondi lunghi come tre minuti pei due giovani, poi al di fuori si udì la voce del capo dei guardiani a gridare:

— Apri, signora!...

— Ancora lui! — esclamò Fathima aggrottando le sopracciglia. — Là, presto, nell’alcova, Nadir!

Il giovanotto, quantunque si sentisse indosso una voglia furiosa di uccidere quell’uomo, che pareva sospettasse qualche cosa e cercasse tutti i mezzi per iscoprirla, ubbidì, e si nascose dietro ad un divano, situato nel fondo dell’alcova.

Fathima, quando fu certa che si era celato, aprì la porta, ed il capo dei guardiani entrò, inchinandosi fino a terra.

— Che vuoi? — chiese ella fissando su di lui uno sguardo terribile.

— È il padrone che mi manda — rispose umilmente il servo, tornando a inchinarsi.

— Che si vuole da me?

— Perdona, signora.

— Parla, vile schiavo.

— Il padrone mi ha ordinato di vegliare nelle tue stanze.

Fathima impallidì ed arrossì successivamente, e, presa da un accesso di rabbia, raccolse lo scudiscio che giaceva ancora a terra.

— Bada, signora! — disse Aliabad, tirandosi indietro. — È il padrone che così vuole.