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72 emilio salgari

— Va a dire a lui che nelle mie stanze non ho bisogno di spie.

— È il re che così vuole.

— Il re!...

— Il tuo futuro signore.

Fathima sentì mancarsi le forze al nome di quel potente uomo, a cui nessuno in Persia osava ribellarsi, nè discutere un ordine. Ella si lasciò cadere su di un divano col capo stretto fra le mani e gli occhi fissi sull’alcova, nel cui fondo si vedevano vibrare le seriche tende.

Per un istante ella ebbe l’idea di far assassinare quella spia da Nadir, ma la paura di compromettere il giovane, la trattenne. Credette miglior consiglio far buon viso alla cattiva sorte, almeno pel momento, sperando che Aliabad la lasciasse sola almeno per qualche istante, o che finisse collo stancarsi di fare il carceriere.

Aveva però calcolato male sulle proprie speranze, perchè Aliabad pareva deciso a piantare stabile domicilio in quella stanza. Infatti poco dopo entravano due schiavi recando una tavola riccamente imbandita e una di quelle grandi pipe chiamate nargul.

A quella vista Fathima tornò a impallidire e un nuovo accesso di collera le avvampò negli occhi e sulle gote. Ormai non vi era più dubbio: il principe, sospettoso, temendo forse che ella, in un impeto di disperazione, preferisse la morte all’entrare nel palazzo del re, le aveva posto ai fianchi quel guardiano, coll’espresso ordine di non lasciarla sola un istante.

Ella pensò a Nadir, che forse soffriva la fame e la sete, che non poteva nè consolarlo nè vederlo, e alla fuga che stava per diventare impossibile senza disfarsi di quella spia, di quel carceriere strisciante e umile sì, ma incorruttibile, sicuro come una porta di ferro, fidato come un uomo che trema per la propria vita alla prima imprudenza.

Due volte ella si diresse verso l’alcova per cercare di vedere Nadir, il quale, sempre celato dietro al divano, non osava fare un movimento per non tradirla, e due volte fu costretta a retrocedere, vedendosi seguita dagli occhi acuti di Aliabad.

Ad un tratto un pensiero, balenatole improvvisamente, le fece tornare la calma che stava per perdere, provocando forse una irreparabile catastrofe.

— Vile schiavo! — mormorò. — Dormirai per sempre!...

Aliabad si era assiso dinanzi alla tavola, sulla quale erano stati