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il re della montagna | 99 |
— Sia il benvenuto nella mia umile dimora.
— Grazie — rispose Nadir.
— Nessuno s’è accorto della nostra presenza? — riprese Harum.
— No — rispose il vecchio. — Gli amici vigilano sempre.
— Potremo lasciare Teheran questa notte?
— Le porte sono chiuse e non si apriranno che dopo la processione di Hussein.
Il montanaro fece un gesto di collera.
— Che cosa temono questi abitanti? — chiese.
— I curdi — disse il vecchio. — Anche l’anno scorso hanno sparso un panico immenso tra la folla, per saccheggiare un quartiere e depredare le donne dei loro ornamenti.
— Non c’è mezzo di uscire adunque? — chiese Nadir.
— No, perchè le porte sono chiuse e ben guardate.
— Aspettiamo — disse Harum. — Tu intanto esercita i tuoi doveri di ospitalità e conduci questa donna in una stanza sicura. Io e Nadir ci accontentiamo di questi divani.
Il vecchio accese una lampada ed invitò Fathima a seguirlo.
— Va’, mia diletta — le disse Nadir. — Qui sei sicura, poichè io ed Harum vegliamo su di te.
La giovanetta gli diede un lungo sguardo e si allontanò dietro al padrone di casa.
— Vuoi dormire, Re della Montagna? — chiese Harum. — È meglio che approfittiamo di queste poche ore.
— Ma i tuoi compagni?
— Ritorneranno prima dell’alba.
— Quando potremo uscire da Teheran? Ardo dal desiderio di ritornare sulla montagna, per rivedere il mio vecchio Mirza.
— A mezzodì la cerimonia sarà finita, e al tramonto noi saremo sul Demavend.
— Ma non verremo riconosciuti dalle guardie delle porte?
— Uscirà molta gente.
— Ma Fathima può essere scoperta.
— E’ la fanciulla che conduci con te, che così si chiama?
— Sì, Harum, e forse si sorvegliano le uscite della città perchè non fugga.
— E’ forse una ragazza d’alta casta?
— Parente d’un principe e doveva diventare la quarta moglie dello sciàh.