Pagina:Salgari - Il re della prateria.djvu/108

Da Wikisource.
102 parte i. — l’albatros.

e uscirono accompagnati dal messicano. Al di fuori trovarono i quattro indiani accoccolati intorno al marchesino, il quale era stato deposto su di una ricca coperta, sospesa come un’amaca fra due rami di un albero.

— Quando si sveglierà gli porgerai i miei saluti, — disse il barone al messicano. — Gli accoglierà male, ma speriamo che un giorno mi perdoni di averlo rapito e che si ricordi, senza rancore, di me. —

Scesero la riva, dopo d’aver attraversata la macchia, e s’imbarcarono.

— Addio, Ramieroz, — disse di Chivry, con voce commossa. — Se non ci rivedremo più mai, ricordati qualche volta del tuo vecchio amico.

— Spero di rivederti nella grande prateria, — disse il messicano. — La patria è bella ma la prateria sconfinata è migliore. —

Strinse la mano a tutti, augurò il buon viaggio, poi risalì la sponda e scomparve nella macchia.

— Partiamo, — disse di Chivry, che era diventato triste.

— Spiegate la randa, — disse Nunez.

I due marinai sciolsero le vele, e la rapida baleniera prese il largo scendendo la corrente del San Fernando, la quale calava assieme alla marea.

In lontananza si udì ancora la voce del messicano che cantava:

Cabalga, cabalga el conde,
La condessa en grupas va
Y á su castillo...1

Poi tutto rientrò nel silenzio, mentre il barone diventava maggiormente triste.

La baleniera, che filava come una freccia, uscì dalla foce e si slanciò sul braccio di mare che mette nella grande laguna. Il vento, che era girato all’ovest, gonfiava la randa e i flocchi, spingendola

  1. Ecco il conte cavalca cavalca / La contessa recando in groppa / E al castello suo...