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capitolo ii. — il paese dell’oro. | 127 |
— No, quel dissipatore non ha mai odiato Almeida, che nulla gli aveva fatto, poichè era un bambino.
— Il marchesino Almeida, sapeva di aver avuto un fratello?
— No, glielo nascosi sempre, onde non maledicesse e odiasse colui che aveva rovinata la sua famiglia.
— Speriamo un giorno di spiegare questo mistero; è meglio che vi rinunciamo per ora, signor marchese, e che pensiamo ad agire. Una domanda ancora.
— Parlate, Sanchez.
— Sperate di ritrovare vivi i vostri nipoti?
— Il capo indiano forse no, poichè il barone di Chivry, nelle sue note, aveva scritto che Grand’Aquila doveva essere moribondo, ma Almeida sì.
— Quanti anni deve avere ora?
— Ventisei.
— Potrebbe, anzi dovrebbe essere vivo, ma voi sapete che gli Indiani sono in continua guerra, e che i loro combattimenti riescono tremendi. Tuttavia speriamo, signor marchese. Quando contate di partire da Monterey?
— Lascerei la città anche quest’oggi.
— Sono le nove antimeridiane, — disse la guida guardando un vecchio orologio a pendolo, che era in un angolo della stanza da loro occupata. — Fra tre ore possiamo lasciare Monterey e questa notte accampare alle falde della Coast-Range.
— Quanti uomini contate di prendere?
— Sei arrieros.
— Che cosa sono questi arrieros?
— Mulattieri conduttori di carovane, brava gente che attraversa senza esitare montagne e deserti, affrontando pericoli d’ogni specie.
— E poi?
— Avete un servo, mi avete detto?
— Sì, Sanchez.
— Acquisteremo sei mule pei viveri e tre cavalli per noi.
— E le armi?
— Gli arrieros sono armati ed equipaggiati completamente. Avete le vostre?