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capitolo iii. — dal san benito alla sierra nevada. 139

Dappertutto precipitavano con impeto irresistibile dei torrenti, i quali rimbalzavano di roccia in roccia formando centinaia di cascate e di cascatelle, che poi scendevano nel fondo dei burroni e dei baratri dove si udivano correre con furiosi muggiti.

Aiutandosi ed incoraggiandosi l’un l’altro, e fermandosi spesso per riposarsi e per rinvigorire i polmoni, che soffrivano non poco respirando quell’aria fredda e assai rarefatta, verso le sei di sera si accampavano presso una folta pineta, a circa ottomilacinquecento piedi d’altezza.

A breve distanza da loro apparivano le prime nevi, le quali s’innalzavano gradatamente verso le alte cime della Nevada. Il Whitney stava loro di fronte, lanciando arditamente in aria il suo gigantesco picco, candido e dirupato, quasi volesse, colla sua vetta, toccare la luna che scintillava sopra di lui.

In lontananza, sotto l’oscura ombra delle boscaglie, si udivano ad intervalli i cupi ululati dei lupi, che pareva s’avvicinassero lentamente calando dalle alte regioni della Sierra.

Sanchez fece riunire i cavalli ed i muli e legarli ad un giovane pino che s’alzava solitario in mezzo ad una piccola spianata; attorno fece rizzare le tre tende e mandò gli arrieros nel bosco a raccogliere della legna per mantenere dei grandi fuochi tutta la notte.

— Temete di venire assalito dai lupi? — gli chiese il marchese, che aveva notato tutte quelle insolite precauzioni.

— Può essere, — rispose il messicano. — Quelle bestie affamate si radunano spesso in grandi frotte e osano assalire gli accampamenti.

— Le tiene lontano il fuoco?

— Sì, señor; ed è perciò che faccio raccogliere molta legna. Finchè la fiamma brilla, i lupi non ardiscono di avvicinarsi.