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— Sono l’agente del Governo!
— Ed io sono il capitano del Pilcomayo, e in questo momento a bordo del mio legno comando io dopo Dio. Mi avete ben compreso, signore?... Volete ora un consiglio? Riguadagnate la vostra cabina e non uscite che a lotta finita, poichè fra poco parlerà il cannone, qui le palle grandineranno fitte fitte, e gli agenti del Governo di queste cose non s’intendono e non le sanno evitare. Andate, signore, se così vi garba.
Ciò detto, volse le spalle al signor Calderon, che si mordeva le labbra a sangue, e risalì sul ponte di comando col portavoce in mano.
Quasi nel medesimo istante una striscia di fuoco si alzò in mezzo al mare, a due chilometri da poppa del Pilcomayo, e salì in aria per trecento metri, spandendo all’intorno miriadi di variopinte scintille.
Poco dopo un’altra striscia, ma appena visibile, fendeva le tenebre verso l’ovest, per poi spegnersi.
— Sta bene, — disse freddamente il capitano, che aveva seguìto con viva attenzione quei segnali, che nulla di buono pronosticavano. — Le navi corrispondono colla costa e si dànno vicendevolmente l’allarme. Mi si aspettava e si preparano a ricevermi. La vedremo!
Estrasse l’orologio e guardò: erano le 2 del mattino.
— Ingegnere! — gridò. — Avanti a tutto vapore e che Dio ci protegga.