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— Il gounak!1 — si udì esclamare da ogni parte. — Lo stregone sta per venire!
Il guerriero che si avvicinava, spronando vivamente il cavallo, era uno dei più superbi campioni della razza patagone. Era alto due metri e qualche centimetro, aveva il torace ampio, le spalle larghissime, la testa grossissima, fornita di una lunga e ruvida capigliatura nera. La sua tinta spariva quasi interamente sotto uno strato di color bianco, tinta che si dànno nelle cerimonie festose; ma il suo viso mostrava qua e là un colore rossiccio, quantunque anch’esso portasse abbondanti segni in forma di mezzaluna, fatti con terra ocracea impastata con midolla di ossa di selvaggina.
Indosso portava il costume nazionale, che è formato da un gran manto di pelle di guanaco cucito con tendini di struzzo, tinto internamente di rosso e all’esterno arricchito di disegni pure rossi, assicurato da una larga cintura, detta wati, e da un pezzo di pelle, detta chiripà, che gli copriva parte del ventre e delle gambe.
Ai piedi calzava i botas de podro, grandi stivali fatti di pelle di guanaco accuratamente raschiata, che davano alle sue estremità proporzioni fenomenali, e al collo, ai polsi e agli orecchi portava collane, pendenti e braccialetti di argento, grossolanamente lavorati, ma non mancanti di un certo gusto artistico.
Giunto in mezzo all’accampamento, quel superbo cavaliere balzò a terra con un’agilità sorprendente per un uomo di tale statura, e volgendosi verso gli uomini che l’avevano subito circondato, chiese con una voce così potente da essere udita a un chilometro di distanza:
— È pronta la tenda?
— Sì, capo, — risposero gl’interrogati.
— Conducete il cavallo ed il bambino.
— E lo stregone non viene? — chiesero i guerrieri con una certa ansietà.
- ↑ Capo.